giovedì 31 ottobre 2013

Abhishek Singh: Krishna, il Fumetto, la Vita, l'Arte

Ancora interviste! E stavolta, con un po' di ritardo rispetto alla realizzazione della chiacchierata (avvenuta via email alla fine del mese d'Agosto scorso), incontriamo un artista straordinario (e un amico): ABHISHEK SINGH, autore di Krishna, graphic novel pubblicato di recente in Italia da Bao Publishing (l'edizione originale è edita dalla Image Comics).
SINGH, oltre all'eccellente talento grafico, ben evidenziato in  Krishna, è uno studioso e appassionato di Fumetto e Arte, e un conoscitore e cultore degli artisti (non a caso lo incontrai di persona a Firenze dove si trovava per studiare i Grandi del Rinascimento) e fumettisti Italiani, primo tra tutti il Maestro Sergio Toppi (a cui scrisse una commovente lettera, poco prima della sua scomparsa: qui).

Abhishek Singh sarà presente a Lucca Comics (dal 31 Ottobre al 3 Novembre) tra i numerosi ospiti presenti allo stand Bao.

Per maggiori informazioni su ABHISHEK SINGH: il suo blog.
Inoltre rimando qui e qui per altre notizie e visioni correlate.

L'intervista può essere letta in originale qui. Una recensione di Krishna, in Italiano: qui.
Che cosa puoi dirci sulla genesi di Krishna? Di sicuro si tratta di un lavoro molto personale per te. Per questo mi interessa sapere quando e soprattutto perché hai deciso di farlo?
Avevo lavorato a Ramayana Reborn, un progetto che mi ha portato a fare molte ricerche, tutte legate alla mitologia Indiana, alla teologia e ad argomenti correlati. Essermi reso conto che quelle storie contengono così tanto di ognuno di noi e dell’Universo, ha accentuato la mia curiosità da diversi punti di vista. Ha segnato l’inizio di uno studio personale su queste meta-storie attraverso la mia arte, in un modo più consapevole.
Anche se per Ramayana ho fatto io le ricerche non ho scritto la storia ma ogni albo mi ha spinto a lavorare in modo che l’aspetto narrativo e quello grafico fossero allineati in modo più coeso, più personale, in modo da rispecchiare le mie riflessioni sull’argomento.
Volevo colorare i miei lavori e l’ho fatto su Kali, un fumetto a me molto caro e il mio ultimo lavoro per la Virgin Comics. Poi ho lasciato per dirigere un film d’animazione, per un paio di mesi, e poi smettere anche con questo e dedicarmi a quella che era diventata una incontrollabile urgenza: dedicarmi a un mio libro.
Ho riempito quaderni di tonnellate di schizzi che documentavano la mia vita parallela alla ricerca di idee su queste storie. Alla fine è giunto il momento, quando ho deciso di seguire quel sogno indomito, di raccontare quella storia che mi turbinava in testa e nel cuore.
È così che Un viaggio interiore è iniziato.

Dal punto di vista tecnico e dello storytelling, in Khrisna hai deciso di usare stili e toni differenti, a volte adottando uno stile cartoon, mentre in altre parti della storia hai preferito un segno più realistico. Anche i colori giocano un ruolo importante. Puoi spiegarci un po’ questo tuo approccio?
Penso all’Arte e ad ogni atto creativo come a una “entità viva” e, come qualsiasi altra pulsante entità energetica, è vincolata alle forze dell’inevitabile cambiamento. L’Arte è un testamento dei cambiamenti che affrontiamo, sia dal punto di vista sociale che spirituale, ma è anche rappresentazione. Io cambio e così farà la mia Arte. Allo stesso tempo mi piace studiare diversi linguaggi visivi che sono stati sviluppati in passato o che sono intorno a me. Le forze della trasformazione all’opera attraverso di essi ispirano modi di percezione e simulazione nel nostro mondo concreto.
Non solo come artista ma anche come osservatore del mondo sono interessato al linguaggio delle immagini. Parlando di Krishna, oltre al Fumetto e all’Arte, ho anche una formazione legata all’animazione e a un certo punto volevo fare il mio film a cartoni, che rimane uno dei miei desideri da realizzare, prima o poi.
Per cui Krishna è il mio film d’animazione senza limiti di budget :) e un omaggio a tutte le influenze dei cartoni animati che ho avuto sin da bambino. Dal punto di vista stilistico, provare qualcosa di nuovo era importante per imparare nuovi approcci e tecniche, per questo ho deliberatamente fatto in modo che Krishna avesse un aspetto diverso rispetto ai miei precedenti progetti. Ho imparato moltissimo sul colore, come aiuti a raccontare una storia, come serva per sottolineare un momento. Ho studiato molte sceneggiature d’animazione, perché volevo scriverne una, ed è stato davvero illuminante per capirne le splendide connessioni.

Nell’ultima parte del progetto ho iniziato a lavorare ad altre storie e alle mie mostre, in cui ho usato delle tecniche tradizionali. Amo lavorare così e gran parte di quello che ho imparato da quell’ambito è finito in qualche modo anche in Krishna.
Mi piace pensare d’essere un artista che sta facendo un fumetto e non un disegnatore di fumetti che disegna un fumetto. Al momento, e da qualche anno, la mia Arte è diventata un modo per scoprire il mondo, “per disegnare quello che uno cerca”.
Abhishek Singh al lavoro!
Credo che sia stata la tua prima esperienza da autore completo, specialmente su un graphic novel. Di base sembra essere una biografia della divinità induista, ma è molto di più di questo, no?
Credo che esprimersi creativamente sia un’estensione della propria individualità, un ponte per esprimere i propri conflitti, convinzioni e realizzazioni.
La bellezza di un processo creativo è che - anche se pensi d’avere tabula rasa su chi sei e sulla natura del mondo intorno a te - ti indirizzerà verso determinate idee, te le farà affrontare con uno stato mentale tormentato solo da guerrieri e avventure.
Creare è capire perché siamo qui e quale utilità le nostre azioni possano avere. Più si scende in profondità, maggiori sono le scoperte. La maggior parte delle volte la scoperta di sé rimane su un piano silente ma a volte affiora in superficie, rompendo le nozioni premeditate su noi stessi, lasciando che quel silenzio diventi una profonda affermazione su chi siamo. Questo è quello che il processo creativo compie, sia che ne siamo consapevoli o meno.
Parlando in modo più razionale, di sicuro, le cose diventano più impegnative quando si fa tutto da soli. Anche se per completare Krishna ho impiegato quattro anni, molte cose sono successe lontano dalla vita al tavolo da disegno: un test per la propria perseveranza, per la propria pazienza… altrimenti una persona non riuscirebbe a raccontare una storia, per lo meno è quello che credo.
Ho imparato a selezionare le cose che mi succedevano, rendendo la mia ricerca più interessante. Non vuol dire che non ho avuto dei momenti di disperazione ma ho anche trovato un modo per trasformare quella disperazione in qualcosa di più costruttivo. Scrivere e disegnare quella storia mi ha sollevato dalle preoccupazioni della vita di tutti i giorni. Il disegno, come un amico fedele, mi ha sempre reso felice. Ho creato qualcosa che mi ha avvolto in una sensazione di pace.
I temi dell’eroismo e della scoperta sono universali ma allo stesso tempo ognuno di noi ha le proprie storie: le loro intersezioni mi intrigano ed è questo che ho cercato di catturare in Krishna. È un racconto personale su cosa sia la vita e l’anima.
In Krishna volevo rappresentare una relazione più coesa tra le immagini e le parole, tra la manifestazione e la filosofia sottesa dalla venerata Divinità.
Ogni personaggio della storia è un simbolo che rappresenta delle sfumature emotive, spirituali e metafisiche.
La storia vuol essere una porta per capire quello che accade all’interno del piano mentale o del reame dell’anima. La mia intenzione era distillare la ricerca e il testo fino a renderlo semplice ma capace di racchiudere le complessità al proprio interno, ed è un processo che non si è ancora concluso: la visione continuerà a espandersi nella mia testa finché vivrò.
Se sarò riuscito ad interessare il lettore, a spingerlo a cercare le fonti e a continuare la propria ricerca in queste filosofie allora avrò fatto il mio lavoro.
Come hai firmato per la Image? Come è stata la collaborazione? Sei stato in contatto diretto con Eric Stephenson, una delle persone - a mio modesto parere - più intelligenti nel mondo dei comics contemporaneo… E le recensioni del libro mi sembra siano molto buone, no?
Sono appena stato al San Diego Comic-Con 2013 e l’accoglienza per il libro e per il mio lavoro è stata eccezionale. Me ne andavo in giro come un nomade senza alcun biglietto da visita incontrando i miei disegnatori preferiti ricevendo un sacco di complimenti. Il libro è andato esaurito, una cosa incredibile. La gente ne veniva attratta perché era in esposizione allo stand Image insieme ad altri loro titoli molto più noti. Lo prendevano perché pensavano che fosse affascinante. Molti di loro alla fine mi hanno scritto per dirmi che una volta letto l’hanno trovato un viaggio estremamente emozionante una volta immersi nella lettura. 
Per la Image pubblicare un libro di 300 pagine realizzato da uno sconosciuto (beh, non sto considerando i miei fumetti precedenti) è stato un grande passo, ma potrà sorprenderti sapere che non c’è stata nessuna negoziazione e neppure qualche contrattazione nel cogliere quest’occasione. Una notte stato visitando il sito della Image e ho trovato la mail di Eric. Stavo pensando di mandargli la proposta per il volume attraverso un corriere ma mi sono detto che non ci sarebbe stato alcun male a mandargli via email la copertina e qualche pagina del libro.
Non ci crederai ma Eric mi ha risposto nel giro di 10 minuti (o per lo meno è così che mi è sembrato). Non mi aspettavo una risposta. Voglio dire, stiamo parlando di una delle persone più impegnate nel mondo dei comics. Doveva essere una risposta automatica e, quando ho aperto la mail, ecco che cosa c’era scritto (copio il testo dalla mail originale di Eric): “Sembra qualcosa di incredibile. Quanto ti manca a finirlo? Hai delle tavole complete che posso vedere?" – e.s.
Tutto il resto è andato di conseguenza anche se non sapevo che avrei avuto bisogno di un altro anno e mezzo per concludere il libro. Mi ero anche impegnato a lavorare sui miei quadri e stavo cercando di dividere il mio tempo tra le due attività. La Image lo ha inserito tra i titoli in uscita per Dicembre 2012 ed è facile capire che un libro di 300 pagine dal costo di 30 dollari non può vendersi da solo, ma la Image l’ha stampato con una tiratura ambiziosa e devo dare tutto il merito ad Eric per la sua lungimiranza e per aver creduto nel mio lavoro.

Tutti alla Image hanno sostenuto il libro con grande amore e continuano a farlo. È davvero una storia fortunata se ci ripenso.
Qual è stata la tua educazione artistica? I tuoi riferimenti e interessi sia riguardo il Fumetto che le Arti visive in generale?
Mentre andavo ancora a scuola ho avuto l’opportunità di lavorare per un editore di fumetti, Raj Comics. Andavo da loro nelle vacanze estive, durante le scuole superiori. Ero felice di dare una mano persino cancellando le matite dalle tavole inchiostrate solo per poterle vedere da vicino. Era pura gioia. Nel tempo libero cercavo di affinare i miei disegni per portarli al livello di quelle tavole. Mi ricordo che un disegnatore senior mi regalò un libro d’anatomia per il mio duro lavoro e che ricopiai tutte le pagine in una settimana per migliorare il mio stile.
Durante il college, ho iniziato a sperimentare perché il mio disegno era plasmato dai fumetti, trovando nuovi modi per uscire da quell’importa ed evolvermi.
Ho fatto persino un piccolo film amatoriale intitolato A Hunter’s Tale a cui ho lavorato per un anno intero facendo praticamente tutto da solo e, al contempo, migliorando e raffinando ancor di più le mie abilità tecniche.
Più o meno in quel periodo ho iniziato a lavorare al progetto Ramayana. All’inizio è stata una cosa molto vaga. Mi piace quando le cose non sono ben definite, c’è tempo per pensare liberamente, per sentirsi più vivi nell’avventura. Poi è arrivato il gruppo e abbiamo iniziato a lavorarci insieme. Ho iniziato a domandarmi come fosse possibile illustrare una storia di qualità senza avere una direzione precisa. Tornavo a casa e buttavo giù varie opzioni per fare questo o quello: ho imparato moltissimo grazie a quel progetto.
Mi sono reso conto dell’immensa quantità di pazienza di cui si ha bisogno. La quantità di ricerche, d’esplorazione e di consapevolezza dal punto di vista artistico non era inferiore a quella necessaria per costruire uno space shuttle! La pazienza è diventata il centro del mio modo di gestire progetti di simile portata. Inoltre ho sviluppato un nuovo rispetto per il “tempo” e per rispettare le scadenze e quando ho iniziato Krishna sono diventato ancora più esigente lavorando sulle mie idee.
E la vita in generale è diventata un punto di riferimento. L’ispirazione viene da ogni evento ordinario, ogni singola azione può avere lo stesso effetto di un evento importante della vita.
Mentre la mia esperienza in un ambito particolare cresce, diventa sempre evidente che tutto converge. Il mio rapporto con l’Arte che ho iniziato a costruire con Krishna è di lasciarmi andare e fare tutto solo per me stesso. In qualche modo interesserà ad altri e agli editori e chiunque è felice di pagare per avere quello che è stato creato per la gioia di una singola persona.

Krishna verrà pubblicato in Italia da Bao e tu sarai tra i loro ospiti a Lucca Comics. Come ti senti? Conosci la scena fumettistica Italiana, i suoi artisti, le serie..? So che sei un grande fan di Sergio Toppi.
Il libro ora è già uscito in Italia. Grazie a questo lavoro ho fatto amicizia con alcune persone davvero speciali, e Michele [Foschini] di Bao è uno di loro. L’ho incontrato al SDCC: Michele è un altro visionario dell’editoria, le sue opinioni su questo lavoro e il suo rispetto per l’Arte e la vita sono impareggiabili.
Sono rimasto molto colpito - e in un certo senso mi è sembrato troppo – da come hanno realizzato il volume: è tradotto benissimo ed è un oggetto fantastico. Non vedo l’ora d’essere a Lucca per ringraziare tutti quelli che hanno lavorato al libro e dedicare tante copie.
Michele conosceva Toppi personalmente ed è pieno di storie incredibili su di lui. Il mio amore per il grande Maestro Toppi non è un segreto per te: lo devo a te se sono riuscito a scrivere una lettera a Toppi e dirgli del mio amore per lui. Non avrei mai pensato che ti avrei incontrato al di fuori del tuo blog, in Italia, che avremmo parlato di fumetti di persona e che grazie a te avrei cercato la casa di Toppi per vedere d’incontrarlo e poi, in senso spirituale, dirgli addio… per questo ti ringrazio tanto.
Il modo in cui siamo legati gli uni agli altri e quale ruolo giochiamo nelle vite altrui è qualcosa che mi fa sentire piccolo, mi sorprende e mi fa andare alla ricerca di nuove avventure.
Nel corso degli anni, sono passato attraverso un gran numero di influenze. Ma ora non ho più molti autori preferiti e poiché non lavoro su personaggi altrui non seguo una specifica scena troppo da vicino. Forse singoli disegni o lavori attirano la mia attenzione ma per ragioni completamente diverse da chi ne è l’autore. Detto questo diversi artisti e le loro opere hanno avuto un grande impatto su di me. La loro profonda conoscenza del mezzo espressivo e la semplicità della loro dedizione mi hanno incantato e ispirato per lavorare duro e continuare la mia ricerca nell’Universo. Per questo gli autori vicini al mio cuore sono Osamu Tezuka, Moebius, Joe Kubert, Bill Watterson e Toppi, tutti “racconta storie” di primissimo livello. Ho un gran numero di libri sulle culture tribali, mitologia, storia, filosofia e tra queste pile ci sono i libri disegnati da questi artisti.

Spero di scoprire molte cose a Lucca e non ho dubbi che quando tornerò a casa avrò moltissime storie da raccontare.
Abhishek Singh e Mike Mignola al SDCC 2013.

Le interviste precedenti:

martedì 29 ottobre 2013

001 e fumosità Mooriane: Dodgem Logic e Biographic

Illustrazione di Gary Spencer Millidge.
Mentre Lucca incombe, colgo l'occasione per comunicare l'ultima "mia" fumosa impresa (da curatore e traduttore), l'ennesima legata ad Alan Moore. Lo so, lo so... è una malattia!
Dopo un gestazione un po' "tribolata" sono felice d'annunciarvi la pubblicazione entro l'anno - e sì, purtroppo a Lucca non sarà ancora disponibile - per 001 Edizioni, di ALAN MOORE: BIOGRAPHIC, una biografia per immagini dello scrittore, realizzata da Gary Spencer Millidge, che in occasione del 60esimo compleanno di Moore (il 18 Novembre prossimo) ne racconta la vita e le opere. 
Si tratta di una versione espansa, riveduta e corretta di quella apparsa nel 2003, in bianco e nero,  su Alan Moore: Ritratto di uno Straordinario Gentleman, libro da tempo esaurito sia nell'edizione in lingua Italiana che in quella Inglese.

I più attenti avranno già visto il volume segnalato sulle pagine del catalogo Mega di Ottobre (pag. 128) come segue:
In occasione del 60esimo compleanno di Gary Spencer Millidge (Strangehaven, Alan Moore: Ritratto di uno straordinario gentleman, Alan Moore: Storyteller) realizza una originale "biographic" per raccontare la vita e le opere dell'autore di Watchmen e V for Vendetta.

L'edizione italiana, edita da
001 Edizioni e curata da smoky man (Alan Moore: Ritratto di uno straordinario gentleman, Le straordinarie opere di Alan Moore), è arricchita da una selezione ragionata di estratti da interviste che getta ulteriore luce sulla vicenda umana e artistica del Bardo di Northampton.
[Alan Moore: Una vita a fumetti (Biographic), di Gary Spencer Millidge,17x24, brossurato con alette, 80pp, colore, € 12]

Alan Moore: Biographic verrà pubblicato da 001 anche in Spagnolo e Francese, mentre l'edizione di lingua inglese sarà disponibile in digitale per la Panel Nine di Russell Willis.
Una vignetta da Alan Moore: Biographic.
A Lucca (e poi in tutte le fumetterie Italiane) sarà invece disponibile, sempre per 001, The Best of Dodgem Logic (192 pp, colore, € 25) un "sunto" della rivista underground curata da Moore che non mancherà di sorprendere e incuriosire non solo gli appassionati del Barbuto scrittore Inglese. 

Lettrici e lettori, Dodgem Logic di Alan Moore, 200 pagine scritte e a volte anche disegnate dal bardo di Northampton vi aspetta a Lucca, formato absolute da subito. 
[dalla pagina Facebook di 001 Edizioni, 26 Ottobre 2013]
 
Inutile dire che entrambi gli acquisti sono fumosamente consigliati! :)
Astounding Weird Penises, fumetto interamente realizzato da Moore, che compare su Dodgem Logic.

sabato 26 ottobre 2013

Alan Moore: LA biografia!

Il 7 Novembre prossimo uscirà in UK (e a dicembre negli USA), per Aurum Press, MAGIC WORDS: THE EXTRAORDINARY LIFE OF ALAN MOORE, una biografia dello scrittore di Watchmen e V for Vendetta, in "coincidenza" col suo imminente sessantesimo compleanno (il 18 Novembre). 
Il libro, un tomo di 400 pagine, scritto da Lance Parkin, noto soprattutto per i suoi lavori su Dr. Who, ma non nuovo a progetti su Moore (nel 2002 pubblicò The Pocket Essential Alan Moore, poi aggiornato nel 2009. In Italia edito in una versione espansa da Black Velvet), promette d'essere imperdibile non solo per tutti gli appassionati dello scrittore Britannico ma anche per il "pubblico generalista" interessato alla biografia di un grande autore.

Per capirne di più, qualche giorno fa, ho intervistato via mail Parkin, col quale sono in contatto da diversi anni. Buona lettura!

Sito di Lance Parkin: qui.
Quando hai iniziato a scrivere un altro libro - una biografia (!) – su Alan Moore? Quanto è stato difficile?
Volevo scrivere qualcosa di corposo su Alan Moore, un “vero” libro, una biografia letteraria che raccontasse la storia della sua vita e dei suoi lavori. Volevo qualcosa di approfondito, che trattasse la materia in dettaglio, non elencare semplicemente i fatti o fare affidamento su un’intervista con lo stesso Moore.
Come hai accennato, in precedenza avevo scritto The Pocket Essential Alan Moore, pubblicato originariamente nel 2002 e poi aggiornato per la ristampa del 2009. È un buon libricino, disponibile in ebook per chiunque sia interessato, ma è composto da 15mila parole. È piuttosto una introduzione a Moore. Magic Words consta di 156mila parole. Il capitolo più corto è comunque più lungo dell’intero Pocket Essential!
Ho impiegato tre anni a scriverlo per cui ho avuto il tempo di pensare e ripensare le cose, di riscrivere e di diventare ossessionato dalla ricerca di una piccola curiosità. Da un certo punto di vista, avere 165mila parole a disposizione è molto meglio che condensare tutto in 15mila. Non devi semplificare, puoi inserire tutti i dettagli necessari, anziché dire semplicemente 'hanno discusso', puoi specificare chi ha detto cosa, battuta per battuta.
La parte più difficile è stata spronarmi per fare in modo che il libro non fosse solo un racconto di eventi, ma che si sentisse la mia personalità, il mio tocco letterario. Chiunque con una connessione Internet può assemblare una pila di informazioni su Alan Moore usando Google. Perciò le domande erano: che cosa posso aggiungere? Perché sono proprio io a scrivere questo libro? Cosa posso trovare che altri non hanno visto? Accade ogni volta, quando si scrive: devi colpire il tuo soggetto da un determinato angolo.

Dopo che hai ultimato il libro, che cosa hai imparato che non sapevi su Moore e la sua carriera? Qualche aneddoto che puoi anticiparci?
Ho imparato un sacco. Ci sono delle cose molto interessanti sul periodo dell’Arts Labs, questi bizzarri luoghi d’incontro un po’ hippie dove la gente stava insieme a leggere poesie e a suonare. Non ero consapevole di quanto quel periodo fosse stato formativo per Moore, ma una volta che ne sei a conoscenza, ogni cosa su di lui acquista molto più senso. Ci sono argomenti che mi hanno sorpreso perché pensavo che fossero già stati trattati in profondità da altri. Ho scoperto, ad esempio, delle cose sulla genesi di V for Vendetta: il ruolo giocato da Evey nei piani originali, e aspetti pratici come quanto Moore sia stato pagato a pagina per scriverlo.
Ci sono dei passaggi in cui ho dovuto navigare tra argomenti molto complessi. “Perché Alan Moore rompe con la DC” è un gigantesca matassa di eventi ma una volta che si comincia ad appuntarsi le date esatte, tutto diventa una sequenza di piccoli episodi che origina una cascata.
Inoltre ci sono alcuni materiali che anche i più avidi fan di Moore probabilmente non hanno mai visto: il plot di Another Suburban Romance; una succinta descrizione di Sun Dodgers, una space opera a cui lavorò negli anni ’70; “He is risen”, il poster che disegnò per uno spettacolo degli Emperors of Ice Cream.  
Moore è stato coinvolto in qualche fase? Ho letto una “citazione” molto “carina” che ha scritto sul libro…
Gli ho mandato una lettera, facendogliela arrivare per un percorso piuttosto tortuoso, quando ho iniziato a lavorare al libro per informarlo del fatto e mi ha mandato una riposta molto gentile dicendomi che non voleva essere coinvolto. Mi ha chiesto di non assillare la sua famiglia ma sfruttare appieno il fatto che stessi scrivendo una biografia non autorizzata. E così ho fatto. Ho impiegato tre anni a scrivere il libro senza che Alan Moore mi sorvegliasse alle spalle e ho cercato di scriverlo nel modo più completo e onesto che potessi fare. Come per qualsiasi essere umano, Alan Moore ha fatto delle cose che possono essere criticate o che possono sembrare irragionevoli. Ci sono state delle dispute e quando c’è una disputa ci sono sempre due facce della stessa storia, per questo ho cercato di trovare l’altro lato delle vicende.

Passano tre anni e consegno il libro. Una volta che tutti siamo soddisfatti del risultato, come gesto di cortesia, mandiamo - non senza trepidazione - una copia del manoscritto ad Alan Moore. Era un venerdì e la mattina del lunedì successivo il mio editor riceve una telefonata: era Moore, il libro gli era piaciuto e voleva parlare con me.
Abbiamo fatto due lunghe chiacchierate al telefono. Durante la prima abbiamo sfogliato il libro e corretto o aggiunto piccoli fatti, come, ad esempio, il nome del campeggio per roulotte in cui andava da bambino. Nella seconda l’ho intervistato per davvero e gli ho chiesto aiuto per colmare alcuni “buchi”. Pubblicherò l’intervista sul mio blog in concomitanza con l’uscita del libro.

Ho incluso l’intervista nella biografia ma è esattamente il libro che ho scritto, con un paio di chiarimenti da parte di Alan Moore. Non l’ha letto pagina per pagina con una matita rossa e sottolineando le cose che non gli piaceva. Per cui mi ritrovo nella strana posizione d’aver scritto una biografia non autorizzata che è piaciuta al soggetto del libro. E Moore ha scritto un endorsement fantastico per il volume 
Quali sono le tue aspettative? Eventi? Tour promozionale?
Questo non è il primo libro scritto su Moore e non sarà l’ultimo. Magic Words è una biografia letteraria, è incentrato sul suo lavoro e la sua carriera. Spero che la gente lo legga, ovviamente, che li spinga a scoprire alcuni dei lavori meno noti di Moore e ai suoi bestseller da un punto di vista nuovo. Mi piacerebbe che fosse un buon resoconto di alcuni dei più ingarbugliati momenti della sua vita. Posso garantirti che persino i fan più appassionati di Moore da tutto il mondo impareranno delle cose che non sapevano prima. Come “speranza” di base, comunque, penso che Alan Moore sia una persona interessante e così spero che questo racconto della sua vita gli renda giustizia.
Sto facendo molte interviste e ho scritto un paio di articoli. Questo è il primo libro, tra quelli che ho scritto, che ho autopromosso in modo sistematico sui social network. Colgo l’opportunità per scusarmi con tutti i miei amici di Facebook che sono stati un po’ bombardati! Ma ora è un aspetto molto importante: recensioni positive su Amazon e Goodreads, ottenere pre-order, generare interesse con un meccanismo semplice come “guarda quanti Like”.

Ai tempi, Moore fu un pioniere di queste tecniche. È strano da dire ma frequentava le convention, faceva interviste fiume e comparsate.
I miei editori hanno usato tutte le risorse a loro disposizione, è fantastico. Mi hanno mandato al Comic Con di New York a metà Ottobre per un presentarlo: era la prima volta che il libro veniva messo in vendita, hanno spedito le copie per via aerea. Stanno organizzando un incontro di presentazione per il lancio del libro a Londra, a fine Novembre. Sarà un incontro piuttosto “sontuoso” per i fan di Moore, credo, perché ci sarà molto di più di me in compagnia di una penna.

Considerando la tua conoscenza dell’argomento, che cosa ti piacerebbe vedere realizzato da Moore nel prossimo futuro?
Attendo Jerusalem, il suo corposo nuovo romanzo. Se accettasse delle richieste, mi piacerebbe facesse qualcosa di immenso e sostanziale su William Blake. Un graphic novel che utilizzasse in modo ingegnoso l’opera e la complessa mitologia personale di Blake. Moore ne ha parlato in diverse occasioni, ha fatto una performance, Angel Passage che citava Blake, ma vorrei qualcosa che avesse la densità e la grandezza di From Hell
L'intervista originale può essere letta su Alan Moore World: qui.

Segnalo inoltre, un'intervista a Parkin raccolta al recente NYCC: qui (in Inglese).
Per una recensione del volume rimando qui (in Inglese).

domenica 20 ottobre 2013

Back to the future: Igort e Carpinteri

Carpinteri (a sx) e Igort (a dx)
Il 6 Ottobre scorso ho assistito, nell'ambito del festival KME, a un interessante incontro tra Igort e Giorgio Carpinteri, due Maestri del fumetto italiano, tra i protagonisti (insieme ad altri), durante i primi anni '80, della "rivoluzione" Valvoline Motorcomics.

In occasione del trentennale di quell'esperienza è stata aperta una pagina Facebook, intitolata Valvoline Years, che recita:
"Al principio degli anni Ottanta, e per quasi tutta la decade, un piccolo gruppo di autori: Daniele Brolli, Lorenzo Mattotti, Giorgio Carpinteri, Marcello Jori, Jerry Kramsky e Igort, diedero vita a un progetto comune. Lo chiamarono Valvoline Motorcomics.

Anno di Pubblicazione di Valvoline Motorcomics sulle pagine di Alter Alter, allora diretto da Fulvia Serra, 1983, 1984."

Al contempo Coconino Press è impegnata nella pubblicazione, in una nuova edizione ideata e curata per l'occasione, di alcuni dei fumetti apparsi in quegli anni. Finora sono usciti Doctor Nefasto di Jerry Kramsky (testi) & Lorenzo Mattotti (disegni) e Polsi sottili di Gorgio Carpinteri, mentre è attesa entro l'anno la pubblicazione di Sinfonia a Bombay di Igort.

L'incontro al KME si è aperto con un breve reading di Igort che, su un lieve accompagnamento musicale, ha letto quella che dovrebbe essere l'introduzione al volume Sinfonia a Bombay. Un breve estratto si può "apprezzare" nel video sotto.
A seguire, Igort e Carpinteri si sono divisi la scena raccontando e ricordando quel periodo, la loro amicizia, l'amore per il Fumetto e la loro visione della Nona Arte. E molto altro...

Una stagione [quella delle riviste] anche molto... brutale. 
Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza.  
[Igort]

Igort: A volte mi viene da pensare che un po' abbia ragione Freak Antoni quando dice che "in Italia non c'è gusto ad essere intelligenti". Ma... le cose cambieranno... io sono un ottimista per costituzione.
La stagione delle riviste era una stagione in cui si pubblicava mese dopo mese e si imparava a pedalare, a gareggiare in diretta. Non c'era neppure il tempo di pentirsi.
Mi ricordo dei discorsi con Magnus - il grande Magnus che avrebbe disegnato migliaia di tavole - che mi diceva che dopo che la storia era finita e pubblicata, dopo soli tre mesi hai già voglia di andare lì e grattare per correggere... Pubblicare per le riviste è una specie di arena nella quale ti misuri con un racconto che cresce in diretta, mentre lo disegni. Una stagione anche molto... brutale. Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza. [ride] 
Oggi viviamo un'altra stagione, in cui si pensa più in termini di libro, di volume. Mentre negli anni '80 e '70 c'era la rivista... A quel tempo anche in campo letterario, non passava quasi niente. Quando uscirono Tondelli, De Carlo, ricordo la sensazione di rivoluzione pazzesca perché... erano due autori che avevano meno di centocinquant'anni! Perché c'era una situazione, anche di dominio, da parte dei grandi scrittori, i Calvino, i Celati, i Pavese... che definivano una sorta di controllo di qualità. C'era quasi un monopolio... loro malgrado. Erano le case editrici che non facevano passare nulla che non fosse al livello dei gradi classici. Oggi forse si pubblica troppo e male... Mi sembra che però all'epoca il panorama letterario fosse un po' asfittico in termini di "nuove proposte". Invece in quel periodo, grazie alla stagione delle riviste che fu in parte favorita dall'intelligenza genialoide e apertissima di Oreste Del Buono, il Fumetto - che al tempo era considerato un genere e non un linguaggio - portò alla riconsiderazione di alcune regole... tra cui il fatto che potessero produrre delle cose belle... Una constatazione che sembra banale oggi, ma allora non lo era affatto... e la battaglia non è comunque ancora finita. Finirà quando si vedrà un autore di fumetti - perché ce ne sono anche di degni e la qualità non latita di certo - candidato al Campiello con un suo graphic novel oppure quando nomineranno magari Giorgio Carpinteri al Nobel per la Letteratura [Carpinteri sorride e fa finta di nulla]... Quando questo succederà allora si sarà capito che è possibile narrare con le parole e le immagini e questa è, banalmente, una categoria del Racconto. Oggi siamo ancora come quando la Prosa veniva considerata un po' di secondo piano rispetto alla Poesia

Il più grande successo è fare un lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta, inchiostro, colori.  
[G. Carpinteri]

Carpinteri: Igor ha fatto un suggestivo quadro del periodo. Mi sono riconosciuto in quello che ha detto... In un certo qual modo le nostre vite sono corse in parallelo. Dall'età di dieci anni io sono venuto a vivere qui per tre anni e mezzo ed è già narrativa la storia di due persone come noi che si incrociano in così giovane età, coltivano assieme la stessa passione e questa li fa incontrare di nuovo a Bologna, anni dopo, forse complice il DAMS, Umberto Eco... il fascino di una città che aveva tutte le carte in regole per essere una città viva, ed infatti lo è stata... sono i cicli, ad un certo punto sei in alto e poi in basso, ti sei addormentato... al momento Bologna mi sembra una città dormiente, ma questo non è un nostro problema.
In quel periodo... e a me interessa relativamente il discorso del Fumetto come ghetto, come una cosa di cui vergognarsi... perché in un certo qual modo noi autori di fumetti ci abbiamo fatto l'abitudine, a essere considerati un po' come degli animaletti esotici. Come qualcosa di originale, strano... un quarantenne, un cinquantenne che disegna fumetti... è pittoresco, è tenero... come un canarino colorato o un animaletto esotico, appunto. Tutto questo indebolisce o ti fa apprezzare una frase come quella di Freak Antoni degli Skiantos che però non va cavalcata perché invece è vero ciò che tu vuoi. Se tu vuoi fare dei fumetti, li fai... ed Igor ne è la dimostrazione vivente: ha tenuto il punto sin da quando l'ho conosciuto a dieci anni fino ad oggi, facendo le sue cose, dimostrando che si possono fare in qualsiasi situazione atmosferica e culturale. Lui è un buon esempio, anche per me, da tenere presente. Qualsiasi cosa facciamo nella vita, qualsiasi sia il nostro interesse, aggrappiamoci sempre a quell'esempio che ce l'ha fatta, che ha realizzato la magia di fare quello che gli piaceva portando a casa il risultato grazie al duro lavoro quotidiano. Igor in questo, e non è un monumento all'amico, ma è oggettivo, è un esempio di coerenza, nel senso buono del termine... nel senso di fare delle cose belle e di proporre delle cose belle... 

Negli anni '80 noi appassionati di fumetti e nuovi autori di fumetti ci siamo trovati ad un crocevia fortunato in cui era previsto che delle culture diverse - la musica, il teatro, il cinema, la letteratura, il disegno - si potessero incontrare e miscelare creando qualcosa di nuovo.

Dipende dalle aspettative e dalla natura delle singole persone ma io rivendico la possibilità d'avere un piccolo pubblico che sa riconoscere e apprezzare quello che faccio. Non è importante avere successo. Il più grande successo è fare un lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta, inchiostro, colori. Una vita così è già una vita meravigliosa, no?
 A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma...
intuivo che mi piacevano i fumetti.  
[Igort]

Igort: Volevo raccontare un piccolo aneddoto cagliaritano. Abitavo in via Dante, all'altezza di via San Benedetto e al tempo gli autobus passavano più o meno come in Messico, non si sapeva mai quando... Avevo dieci anni, c'erano delle attese di quaranta minuti per il n.1 o il C... e c'era un'edicola che per me era come un tempio... un luogo in cui c'era la carta stampata. Non riesco ancora a spiegarmi quella mia attrazione totale per l'edicola, per le riviste, per quell'arte pop, l'arte riprodotta... A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma... intuivo che mi piacevano i fumetti [ride] e pure quella stampa di pessima qualità, sulla carta pulp, su cui erano stampati gli albi americani... e c'era un'edicola che era la numero uno in assoluto, una "grande" edicola, in Via Roma vicino alla stazione, che vendeva gli albi per gli americani, e c'erano dei fumetti, americani, originali, con tanto di timbro in copertina... perché passavano da Napoli dove mettevano un timbrone sopra che sfregiava tutte le copertine. E ricordo che... all'epoca ero uno gnomo, avevo dieci anni, e andavo a piedi fino a quell'edicola in via Roma. Ci mettevo, credo, circa venticinque minuti: per me era più o meno come andare all'estero. Era una sorta di pellegrinaggio. E poi dovevo affrontare i "lupi", ossia i proprietari di quell'edicola che erano particolarmente "incazzosi" soprattutto per la pratica che non utilizzavamo, non di rado [ride], di sfogliare gli albi alla ricerca di quelli disegnati da certi disegnatori che ci piacevano... 

Carpinteri: Eravamo esigenti!
Igort: Siccome dentro un albo c'erano più storie e la copertina non ti diceva molto perché spesso era disegnata da un disegnatore che non era all'interno, allora bisognava trovare il modo di sfogliare gli albi senza che questa persona, che di solito era di guardia (e diceva sempre "non si può sfogliare!!!"), ce lo impedisse.
E questa sorta di iniziazione rendeva la ricerca degli albi che ci interessavano ancora più desiderabile e avevamo messo a punto una certa tecnica... L'edicola aveva la parte frontale sul lato strada e dall'altro lato si affacciava su un cinema, l'Eden... per cui ci si intrufolava su quel lato, dove gli albi erano esposti, si cercava e quando sentivamo "non si può sfogliare", ne compravamo uno sperando d'aver trovato quello che ci interessava. E questa tecnica la replicammo poi quando Giorgio andò a vivere a Rimini ed io lo andavo a trovare durante le vacanze estive. Si faceva a piedi praticamente tutto il lungomare da Rimini a Riccione, svariati chilometri, alla ricerca di diverse edicole... perché lì c'erano più turisti e più possibilità di trovare gli albi che ci interessavamo...
 

Carpinteri: Eravamo malati... 

Igort: Questa forma di "malattia" ci rese però particolarmente determinati con l'idea di fare questa cosa. E sempre di più... Credo che difendere un avamposto... con Spiegelman si diceva "no, ma ormai il Fumetto ce l'ha fatta.", ma io non lo credo. Maus c'è la fatta, ecco! Maus è un fumetto che tutti più o meno conoscono, che anche in Italia ha venduto oltre centomila copie: una cifra spaventosa rispetto a quanto vendono i libri a fumetti. 
Quella dimensione lì, coltivata sin da bambini, ha in qualche modo favorito la nascita di questo lavoro. 

Nel mondo del Fumetto molto è poco interessante. [Igort]
Oggi le riviste non esistono quasi più. Linus ha quasi chiuso un mese fa, sopravvive sì ma non è più il Linus di un tempo. Anche perché manca una capacità di sguardo sul reale, su quello che è la vita reale. Però c'è una stagione molte importante, questa della Rete che favorisce la divulgazione delle idee, delle immagini... si è passati da una visione un po' da Cinema, in cui l'autore era chiuso nel proprio stanzino, produceva le storie e poi le pubblicava e ogni tanto, se era fortunato, arrivavano delle lettere, ma non sapeva nulla su come la sua storia veniva letta... Adesso c'è Facebook: ti insultano anche in tempo reale! L'effetto è molto frontale, spaventoso ma anche affascinante. Ho sentito persone andare dagli editori e dire "quest'immagine ha ricevuto 300 like su Facebook", come a dire che è giusta, che arriva... Per cui si tratta di uno strumento che ha portato il Fumetto - e quindi l'autore - come a Teatro: fai una cosa e vedi subito la reazione di quello che hai fatto. Questa è una forma molto interessante di apertura nei confronti del comunicare. Poi, come dice Fofi, non bisogna porsi troppi problemi sul comunicare ma su che cosa ho da comunicare. Ma questi sono altri discorsi. Però penso che oggi ci sia una dimensione utile e interessante nel raccontare. Nel mondo del Fumetto molto è poco interessante - così come nel mondo della Letteratura e del Cinema, anche lì molto è poco interessante - però sapendo "leggere" s'impara a scrivere e leggere bene... è una sorta di circolo. Negli anni '70 si diceva "io sono quello che mangio" e il concetto si può estendere all'ambito psichico e culturale. 

A me Internet piace da morire. [G. Carpinteri]

Carpinteri: A me Internet piace da morire. Mi domando oggi come facevamo noi negli anni '80 senza uno strumento così. Uno strumento indispensabile anche solo per la documentazione. Io al tempo avevo lavorato per potermi comprare una moviola e una cinepresa. Per cosa? Per fare un film, direte voi. No, stavo davanti alla televisione e quando c'erano dei film in bianco e nero dei miei autori preferiti, come Hitchcock ed altri, riprendevo a scatto singolo la schermata a raffiche - aveva questa possibilità di farlo - per poi avere un documento sulla mia moviola come riferimento per disegnare. Stiamo parlando praticamente del Medioevo! Non c'era il computer ed io ero felicissimo di quella soluzione. Oggi è tutto molto, molto più facile. Si può accedere a storie altrui, a spunti altrui, a documentazione... un'infinità. Ed è tutto molto bello ma c'è il problema della dispersione: aumenta la possibilità di avere troppi stimoli. La musica la ascolti solo lì perché è gratis, non compri più il disco, ti scarichi il pdf... C'è tanta di quell'offerta e si tende - parlo di me come lettore, ascoltatore, fruitore - a dire "sì, interessante, magari lo rileggo, lo risento dopo" e non si fa come facevamo noi, da bimbi poveri del tempo, ad affezionarsi a quello che hai, a sentire quel disco, a leggere quel libro... traendo da quelle poche cose, rispetto a quelle che si possono avere oggi, il massimo di quel "frutto". Dando anche una possibilità a quel materiale di cui usufruivamo anche esagerata. A volte era più quello che mettevo io nell'opera come fruitore rispetto al valore dell'opera stessa. Voglio dire che  era più facile concentrarsi su qualcosa. Come nascono i "miti"? Abbiamo passato un sacco di tempo a studiare le pagine dei fumetti di quei disegnatori che andavamo a cercare per le edicole... Oggi è più difficile formarsi un gusto perché forse è più difficile "fermarsi" su qualcosa.
Al tempo per dire c'era solo la Rai, oggi l'offerta televisiva è incredbile...
 
Igort: Come direbbe il mio filosofo preferito, ossia Lino Banfi, siamo telerincoglioniti...

Carpinteri: Un po sì... Questa è solo una riflessione così... anche per dire che a volte ci diciamo esperti di tutto perché abbiamo intravisto tutto... ma che ne dite di "vedere" una cosa? Di fermarsi? Non è una critica a voi, ma a me stesso. Il rischio è quello d'essere bombardati da segnali che ti dettano una scaletta d'acquisto, d'ascolto... Il bello della Rete è l'amplificazione del tam-tam, del passaparola... la recensione da parte dell'utente del locale, del film, del ristorante... Ma mi preoccupa molto il lato fruitore perché in una situazione molto ricca d'offerta, con un bombardamento eccessivo, questa riduce in noi le capacità di recepire, di sentire, di affezionarsi...
Un tempo c'erano le riviste che circolavano per casa e ti affezionavi ad un autore, ad una storia e poi andavi a comprare il libro. Oggi non ci sono più le riviste ma c'è molto di più... c'è Internet, la possibilità di spulciare di tutto, cogliendo però, spesso, solo dei brandelli di una realtà che forse varrebbe la pena d'essere maggiormente approfondita.


Avremo sempre bisogno di racconto. [Igort]

Igort: Io sono consolato dall'idea che comunque avremo sempre bisogno di racconto. Credo sia una componente dell'essere umano. Ed è un aspetto che mi interessa, che mi intriga, che mi stimola. Per cui, come dice Gabo, io voglio "vivere per raccontarla".

Carpinteri: Vi racconto un aneddoto, un evento interessante per la mia vita, legato a Polsi sottili, storia dell'epoca Valvoline ripubblicato dopo trent'anni da Coconino in queste settimane. In quel libro per la prima volta realizzavo una storia lunga, io che amavo le storie brevi per poter sempre cambiare ambientazione e personaggi... e avevo dato il ruolo da protagonista a una donna, Caterina Podom. Anche questo era anomalo perché i miei fumetti erano spesso "maschili", erano dei noir un po' patafisici, demenziali con un'ironia e un sarcasmo... e non prevedevano l'amore!
Invece per Alter Alter, per Valvoline mi ritrovai a fare una storia d'amore. La faccio breve... Io temo che il me stesso d'allora - il Giorgio ventitreenne, ventiquattrenne - stesse cercando la donna giusta, per cui da autore... me la disegnai, le diedi un carattere, un aspetto... delle caratteristiche precise, essendo l'autore facevo come mi pareva
[sorride]. Le avevo dato un profilo, ai miei occhi, riconoscibile: avevo tirato fuori la ragazza per me ideale. E finito il libro, la cosa buffa e qui, ecco il potere magico del racconto... il racconto esisterà sempre e può creare dei piccoli miracoli... nel mio caso, qualche mese dopo, a Roma, in una circostanza del tutto fortuita, mi ritrovai a riconoscere, tra le persone con cui di lì a poco avrei dovuto lavorare in Rai, una ragazza che era esattamente Caterina Podom!

Igort: E sono ancora sposati dopo trent'anni.

Carpinteri: Lei - quando le dissi, timidamente, che forse io l'avevo evocata - ci ha creduto subito, riconoscendosi in determinati dettagli del personaggio, al punto da farsi fotografare da un'amica fotografa in una posa il più simile possibile a Caterina! E questa foto ora è nel libro.
Ed è bellissimo per un autore - o per noi tutti, se vogliamo crederci - pensare che quello che viene messo e creato sulla carta, a volte, può evocare delle cose belle... il potere delle storie, dell'Immaginazione...
Per cui... se vi dovete sposare o cercare l'anima gemella, il mio consiglio è... di mettervi a disegnare!

martedì 15 ottobre 2013

Orfani? No, grazie. Meglio Occhio di Falco!

Pagina da Hawkeye N. 2 (Marvel). Disegni di David Aja, colori di Matt Hollingsworth. Storia: Matt Fraction.
Di certo non sono il "lettore medio" (esiste?) né, probabilmente, il "target" obiettivo (esiste?) di Orfani, la nuova produzione Bonelli di cui da tempo si fa un gran parlare e che, in un certo qual modo, è attesa come una sorta di "salvatore della Patria" o comunque come un evento di svolta per i meccanismi produttivi e per il "rinnovamento" della casa editrice milanese e, naturale conseguenza, del Fumetto Italiano popolare. 
Probabilmente le mie sono solo sensazioni, un parere "a pelle" e certo senza crismi di infallibilità da parte di chi qualche fumetto lo legge e l'ha letto. Senza alcun intento polemico (meglio mettere le mani avanti che flame e troll sono sempre dietro l'angolo! LOL!), cercando di focalizzarmi sopratutto sulla storia, sul fumetto in sé che è quello che, personalmente, conta. Un approccio, direi, lievemente più approfondito del mio solito omeopatico (LOL).

Orfani, dicevamo. (Mini? Maxi?) serie mensile a colori di genere sci-fi ideata (e scritta) da  Roberto Recchioni insieme a Emiliano Mammucari, a cui si deve l'impostazione grafica, in uscita il 16 Ottobre in tutte le italiche fumetterie (ma da qualche parte, pare, già disponibile da giorni). Copertinista d'eccezione: Massimo Carnevale. Per una serie di fortunati eventi ho potuto leggere in anteprima la versione in pdf. E sì, vi rispondo subito... difficilmente comprerò l'albo cartaceo, che poi c'è sempre tempo per cambiare idea e prendersi i volumi targati Bao che seguiranno.

Sin d'ora, per un'analisi più ragionata, argomentata e "d'insieme", rimando all'articolo firmato da Guglielmo Nigro per Lo Spazio Bianco

Avviso ai lettori: ATTENZIONE SPOILER, continuate a vostro rischio e pericolo!!!
Vignetta da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Parlando di Orfani, non si può non fare una distinzione: c’è Orfani operazione di marketing, e c’è Orfani fumetto.
L'operazione marketing è stata gestita validamente e, oltre ai canonici spazi tipici della promozione fumettistica, si è spinta e ha raggiunto canali solitamente "banditi" come riviste e portali "generalisti" quali Tiscali e La Gazzetta dello Sport, per fare qualche esempio. Non a caso la "mente" è Recchioni, autore che conosce bene alcune "tecniche" per aumentare il proprio profilo e visibilità e le usa egregiamente da tempo (vedasi il suo frequentatissimo blog). In questa campagna promozionale spiccano i "martellamenti" su alcuni punti chiave: il più grande investimento mai fatto dalla Bonelli, il colore con “funzione narrativa”, il possibile punto di svolta per il fumetto italiano, i 4 anni di preparazione, la ricerca di un altro pubblico “giovane”, e via dicendo.
Tutto perfetto a tal punto che il rischio è che quegli stessi punti diventino una sorta di vademecum del recensore perdendo di vista il fumetto.
Ah, ecco il fumetto, l'albo o meglio il pdf... insomma la storia.
Marketing o meno (anzi forse l'hype in alcuni casi ha "gonfiato" le aspettative?) Orfani è un fumetto disegnato "benino" (nella media o poco sopra la media dei migliori albi Bonelli) e colorato altrettanto benino (nella media o poco sopra la media dei migliori albi del DD Color Fest, per dire), con un impianto sempre piuttosto classico e sostanzialmente in linea con la più recente tradizione Bonelli (diciamo da Dylan Dog in poi?) e... con qualche "problema" di sceneggiatura.
Il paragone sembrerà forzato e improponibile - e facciamo per questo tutti i distinguo del caso - ma sempre di fumetto mainstream si parla, sempre di colossi editoriali si parla... e devo dire che se si prende Occhio di Falco, prodotto Marvel, nella recente incarnazione scritta da Matt Fraction e disegnata da David Aja (e altri), a livello di freschezza narrativa, di trovate e di disegni... siamo lontani anni luce. E, ad essere pignoli, poi Occhio di Falco riporta in auge e "modernizza" la run di Steranko su Nick Fury degli anni... '60!!!
Da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Riguardo la storia di Orfani... Beh, la sensazione generale è di forte déjà vu, di una vicenda carente di trovate (avrò visto e letto troppa sci-fi???) o di slanci. Forse la ragione risiede anche nel... marketing e nelle preview diffuse: le premesse della vicenda erano ben note per cui la lettura è stata inevitabilmente falsata. Sarà.
Direte "è un numero uno, ci sarà tempo". Non so. Il numero uno deve incuriosire, prendere e convincerti a continuare. Mentre leggevo mi veniva in mente Caravan (o quel che mi ricordavo di Caravan), dai temi simili... e quel "datato" esperimento, per lo meno il numero uno, nel ricordo mi pareva più riuscito... nonostante l'assenza del colore... Magari la memoria fa brutti scherzi...
La caratterizzazione dei piccoli Orfani non mi è parsa particolarmente riuscita, semplificata oltre ogni necessità: i bambini (che, lo ricordiamo, hanno sugli 8-10 anni, hanno appena subito la perdita dei genitori in un drammatico attacco alieno e sono stati raggruppati in maniera coatta e lasciati allo sbando), si comportano subito da soldati, senza mostrare il minimo dubbio. Oltretutto, decidono subito di abbracciare la causa militare e di tornare alla base (come gruppo), come che questa sia la scelta più naturale per un bambino di dieci anni. A latere, i bambini portoghesi e spagnoli comunicano naturalmente in un linguaggio comune. E c'è pure una ragazzina americana con madre spagnola...
Eccessivamente stereotipati e al limite della "credibilità" i personaggi "adulti", il generale e la professoressa. Anche qui la semplificazione pare eccessiva e controproducente. Così come pare poco "credibile" la scena dell’orso e del bambino che si sacrifica attaccandolo con... uno "stecchino"!
Vignetta da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Passiamo invece alla linea temporale adulta. Siamo in presenza di una civiltà (quella degli Orfani) in grado di fare “salti quantici” (qualunque cosa ciò voglia dire). Ci sta: sospensione dell’incredulità. Ma è possibile che i soldati arrivino sul pianeta degli alieni senza che prima siano state effettuate altre missioni con umani di carattere esplorativo? Non solo: parrebbe che non sia mai stata mandata nemmeno una sonda! Il fatto che l’aria del pianeta degli alieni sia respirabile sia scoperta per caso (“le analisi preliminari degli scanner ci dicono che possiamo ritenerci fortunati”) non è un bel segnale.
Un’altra prova? La tecnologia in possesso della Terra permette i salti quantici ma... per combattere le radiazioni del pianeta alieno, gli Orfani devono ricorrere a un vaccino (vaccino?) che non può essere assunto se non a siringate, ogni due giorni...
Ancora. Risulta difficile credere che una corazza, come quella aliena, impermeabile ai colpi di fucile sia facile da tagliare a colpi di... coltello (!), anche considerando la necessità di una scena d’azione “cool”. Ma soprattutto, nella stessa sequenza, lascia interdetti quella manciata di pagine in cui la ragazzina si mette il mantello stealth e va a combattere. Il caposquadra si getta in azione, evita l’attacco del mostro e lo uccide. Gli altri gli danno manforte. La ragazzina torna. Quanto può essere passato, in quella scena d’azione? Tre minuti? Cinque? Ecco, nel corso di cinque minuti il mantello si è scaricato... al di là dell’aspetto scenografico, narrativamente, come si può giustificare una cosa del genere? Forse la ragazzina era sempre "nascosta"... Mah!
Lo so lo so... sono fumetti, e poi si corre il rischio di fare cose come questa. (LOL!)
Da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Orfani N. 1, dal punto di vista narrativo, è una personale "delusione totale". Al di là dei buchi logici, non c’è anima. Tutti i personaggi sono stereotipi già visti e usati nella stessa maniera, e non c’è empatia: tutto succede perché deve succedere. E non bastano il lavoro del disegnatore e dei coloristi a salvare una storia che lascia poco.
Ma forse le mie aspettative erano troppo alte? Troppo marketing... Torno a leggere Occhio di Falco.
Pagina da Hawkeye N. 2 (Marvel). Disegni di David Aja, colori di Matt Hollingsworth. Storia: Matt Fraction.
PS.: E mi sorge una domanda: a ruoli invertiti Roberto Recchioni che farebbe su Occhio di Falco? E Matt Fraction su Orfani?

domenica 13 ottobre 2013

Un miracolo!!! (Intanto Lucca si avvicina...)

Un sinistro Marvelm... ehmmm, Miracleman firmato Joe Quesada.
A dire il vero, il post che avevo scritto iniziava in modo diverso ma la notizia è troppo ghiotta e per me fondamentale perché possa ignorarla: sabato scorso, 12 Ottobre, durante il New York Comic Con e dopo un'attesa che definire leggendaria è un eufemismo, la Marvel ha annunciato che a partire da Gennaio 2014 inizierà finalmente a ristampare Miracleman, portando anche a compimento la run in sospeso scritta (mille mila anni fa) da Neil Gaiman per i disegni di Mark Buckingham. Che dire se non... meraviglioso miracolo!!!
I dettagli non sono ancora ben noti ma nessuno ha fatto il nome di Alan Moore, come richiesto dal Bardo di Northampton. Chi fosse interessato a capire un po' di più sull'annosa controversia legata a Marvelman/Miracleman può leggere l'ottima serie di articoli dedicati al tema dal super esperto Pádraig Ó Méalóid: qui.
Il manifesto dell'edizione 2013 di Lucca Comics and Games.
Intanto in Italia... tutta l'attenzione degli appassionati e degli addetti ai lavori, con in prima linea (giustamente) gli autori e la casa editrice coinvolti, è (o sembra essere) puntata sull'attesissima imminente uscita (il 16 Ottobre nelle edicole di tutta Italia) di Orfani, miniserie Bonelli, a colori ideata da Roberto Recchioni e Emiliano Mammucari. Se ne parla qui e qui, solo per dare due riferimenti autorevoli come Susanna Raule e Michele Ginevra.
E... la manifestazione di Lucca si avvicina a grandi passi! Dal 31 Ottobre al 3 Novembre tutti a Lucca, verrebbe da dire. Anche se.. ad essere sinceri, difficilmente ci sarò, fisicamente. Mentre è probabile che ci sia qualche libro a cui ho lavorato e... forse una sorpresa. Forse. Ma di questa "sorpresa", nel caso, ne riparleremo.
Orfani N.1, copertina di Massimo Carnevale.
Però... 2020 Visions, vecchio volume del 2012, che ho "ideato", curato e aiutato a nascere, è tra i candidati, tra altri 91 (!) titoli, al Gran Guinigi nella categoria "Miglior storia lunga". Piccole soddisfazioni per un libro su cui ho investito tante energie e passione, forse oltre il ragionevole, per proporlo in un'edizione Italiana... anche se credo sarà difficile (e comunque, irrilevante) risultare vincitori! :D
Sempre in tempo per la kermesse toscana sarà (finalmente) disponibile il terzo numero di Bizzarro magazine, incentrato sul rapporto tra cinema e videogiochi. All'interno una short scritta da me insieme all'amico Biagio Cephalus per i disegni di  Daniele Serra e Abhishek Singh. Ne parlai qualche tempo fa. Inutile dire che non sto nella pelle all'idea di stringere la rivista tra le mani .
Copertina di Bizzarro Magazine Vol. 3 firmata Alain Poncelet.
Ma il Grande Evento di Lucca 2013, per me, sarà il nuovo libro di Gipi. Intitolato semplicemente unastoria, segna il ritorno al Fumetto del magistrale autore de LMVDM dopo una lunga pausa di riflessione che aveva fatto temere diventasse un'assenza a tempo indefinito dai lidi della Nona Arte.
Immagino file chilometriche allo stand Coconino per firme e sketch!
 
 
Sopra, copertina e alcune tavole da unastoria di Gipi.
Viva il Fumetto! Viva i miracoli!
Lucca o non Lucca!