sabato 31 dicembre 2016

1984. Autobiografia Mooriana

Nel seguito le note autobiografiche scritte da Moore e pubblicate nelle pagine della posta di The Saga Of Swamp Thing N. 25 nell'estate 1984: prima o poi gli amici di Fumettologica dovrebbero dedicare un bel pezzo dei loro - di approfondimento critico - sugli elementi comici, ironici e satirici della produzione e scrittura dell'autore di Nortampthon! ;)

Alan Moore
Nato nel novembre del 1953, le sue prime parole documentate, rivolte al dottore che gli aveva appena fatto respirare la vita a furia di schiaffi sul penzolante corpo d'infante, furono: «Sei nella lista nera, bastardo». Per i successivi venticinque anni non successe nient'altro.

Nel 1979 si ritrovò con preoccupazione a lavorare come cartoonist e illustratore per delle riviste musicali inglesi, senza ricordare come fosse finito in quella sconcertante situazione. Ancora più inquietante, venne a sapere di essere sposato, con una moglie e una bambina piccola a carico, e che le sue abilità di disegnatore erano pari a quelle di un comune lombrico. Pian piano, le cose peggiorarono.

Disperato, divenne uno sceneggiatore di fumetti, lavorando per pubblicazioni britanniche quali «Dr. Who Monthly», «2000AD» e «Warrior». Fece la sua comparsa un'altra figlia. Il gatto di famiglia sparì e non fu rivisto mai più. Nel 1982 la Society of Strip Illustrators lo premiò come “Miglior sceneggiatore” e fece lo stesso nel 1983, probabilmente a causa di un errore del computer. Nel 1982 ricevette anche l'Eagle Award come “Miglior sceneggiatore” e per il “Miglior fumetto”, ma fu profondamente amareggiato nell'apprendere che un "Eagle" era in realtà un attestato blu di discreto formato e non una grossa e pericolosa specie di uccelli selvatici capace di sollevare e portare via un bimbo. Il tempo passò.

All'inizio del 1983, in un futile tentativo di riappropriarsi della propria giovinezza perduta, adottò lo pseudonimo di Translucia Baboon e insieme ai Sinister Ducks, punk rocker influenzati dal duo Gilbert e Sullivan, pubblicò il suo primo singolo per l’etichetta  Situation Two. In poco tempo il disco si guadagnò quel genere di status che alla gente del mondo dello spettacolo piace definire come "un fallimento completo e penoso". Colpito dalle dure critiche riguardo le sue doti vocali, rispose come suo solito dichiarando: «Mi ritiro. Non rivedrete più in giro Translucia Baboon».
 
Attualmente vive a Northampton, in Inghilterra. Per rilassarsi gli piace guardare per ore un punto fisso posto a una distanza media, perdendo contatto con la realtà e parlando di se stesso in terza persona. Quando diventerà vecchio avrà l'aspetto del gemello cattivo di Babbo Natale. 

Trad.: smoky man & Omar Martini

martedì 20 dicembre 2016

Arriva il Mandrillo!!!

Alan Moore è... IL Mandrillo!
Alan Moore: Tutti noi abbiamo la nostra apocalisse in mente, giusto? E in un periodo di vuoto della politica, ecco che emergono i mostri. Tiranni. Dittatori. Per cui se si trattasse di un vuoto della cultura, forse potrebbe emergere un totalitario fascista dell’arte. E probabilmente sarebbe un mandrillo. Il mandrillo è la cosa più bella e terribile del creato: un babbuino con una maschera da demone. Ho visto il filmato di un leopardo a caccia nell’erba alta, che si avvicina silenzioso a un mandrillo seduto, che dà le spalle alla telecamera. Il leopardo deve aver fatto un rumore. Il mandrillo si gira di scatto e si può vedere il momento in cui il leopardo si rende conto di aver commesso un errore bello grosso. Il mandrillo gli è addosso con quegli splendidi bagliori blu sul volto, i denti allo scoperto. 
Per cui il dittatore che ho immaginato sarebbe un mandrillo. Alla fine dell'esibizione, il presentatore sta per introdurre il prossimo numero quando un gruppo di paramilitari vestiti di nero fa irruzione sul palco, taglia la gola al presentatore e annuncia che ora vige la legge del mandrillo. A questo punto si sente il suono di una sirena, le luci lampeggiano e faccio il mio ingresso – sono stato nascosto di sopra per tutto il tempo – indossando un meraviglioso redingote di raso, lungo fino al ginocchio con stivali dorati e ali sui tacchi. Il mio piano era di avere diversi costumi e alla fine mettere insieme uno sfavillante guardaroba.
Così sono salito sul palco come un mandrillo. Tutto truccato. 
Ha funzionato abbastanza bene.
Sono stato davvero un ottimo mandrillo

Il 23 Giugno scorso, il giorno in cui il Regno Unito votava per la Brexit, il Northampton Arts Lab, co-fondato da Moore, metteva in scena il suo primo spettacolo - intitolato Artmageddon - che si concludeva con lo scrittore di Northampton sul palco, in versione scimmiesca, a proclamare... la Legge del Mandrillo: qui il video e qui il testo del Mandrillifesto
Buona visione e lettura, in Inglese (mica posso fare tutto io, eh! :D )

Il testo sopra e molto altro saranno contenuti in un'intervista di imminente pubblicazione (Gennaio 2017) per i tipi di Post-Nearly Press: per maggiori informazioni e/o prenotare una copia, vedere qui.

(Ringrazio l'amico Omar Martini per il supporto alla traduzione.)

giovedì 15 dicembre 2016

recensioni in 4 parole [47]

Dacci l'Apocalisse quotidiana.
Grandi e sorprendenti incontri.
Soltanto il primo tempo.
Boselli, Bacilieri, Bauer: bello!
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
di Gipi
Editore: Fandago/Coconino
Formato: cartonato, 288 pagine, bianco e nero
Prezzo: €19,50
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 
di Akab, Onofrio Catacchio, Brian Freschi, Christian Marra, Gaetano Matruglio e Tommy Moretti
Editore: Passenger Press
Formato: brossurato, 112 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 7
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 
 
Monolith - Primo Tempo
Roberto Recchioni (soggetto e sceneggiatura), Mauro Uzzeo (sceneggiatura), LRNZ  (disegni)
Editore: Sergio Bonelli
Formato: cartonato, 98 pagine, colore
Prezzo: €16
Anno di pubblicazione: 2016 (anteprima Lucca Comics; disponibile da Gennaio 2017)
Per qualche parola in più: QUI

Dampyr Magazine 2016
di Mauro Boselli, Maurizio Colombo (testi); P. Bacilieri, Nicola Genzianella, Corrado Roi (disegni)
Editore: Sergio Bonelli
Formato: brossurato, 176 pagine, bianco e nero & colore
Prezzo:  € 6,30
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

giovedì 8 dicembre 2016

Frank Miller 2001: The Dark Author Returns

Rovistando nell'hard disk m'imbatto in materiali di cui avevo del tutto perso la memoria. 
Ecco così che salta fuori, da quella miniera che fu Ultrazine.org, la traduzione di un'intervista datatata 2002 a FRANK MILLER, pubblicata originariamente a Dicembre 2001 su The Onion A.V. Club, in occasione dell'uscita di The Dark Knight Strikes Back. 
Credo che, in considerazione della pubblicazione di The Dark Knight III: The Master Race, iniziata nel 2015 e tutt'ora in corso, e della recente visita di Miller all'ultimo Lucca Comics & Games sia una interessante lettura (o ri-lettura).
L'intervista in Inglese è disponibile qui.
Intervista a FRANK MILLER
di Tasha Robinson
Traduzione: smoky man

Intervista apparsa a Dicembre 2001 su The Onion A.V. Club.
Pubblicata in Italiano su Ultrazine.org a Gennaio 2002

A 15 anni dall'uscita di The Dark Knight Returns (Il Ritorno del Cavaliere Oscuro), datata 1986, opera seminale e innovativa destinata a rivoluzionare l'icona Batman e lo stesso concetto di supereroe, FRANK MILLER pubblica il seguito del suo capolavoro. Esce così sul finire del 2001 negli Stati Uniti, il primo numero (di 3) di The Dark Knight Strikes Back.
In questa intervista Miller parla del sequel, dei suoi progetti, delle cattive abitudini dell'industria fumettistica e della sua carriera cinematografica.

Tasha Robinson: Perché un seguito di Dark Knight Returns dopo tutti questi anni?
Frank Miller: È piuttosto semplice: avevo una storia. Inoltre, ho sempre amato i supereroi - solo che non pensavo che fossero la sola cosa su cui fare fumetti - e avevo desiderio di farlo.
Quindici anni di lontananza mi hanno dato una nuova prospettiva. Ora sono di nuovo in grado di avvicinarmi al genere come quando avevo 7 anni… molto più di quanto ero solito fare.

Scrivere Dark Knight Strikes Back è stato più facile?
Solo nel fatto che ho imparato a fare meglio il mio lavoro. Tendo a spendere meno tempo in vicoli ciechi quando sto mettendo insieme la storia. Ma, in molti casi, è stato molto più piacevole. Perché quando ho fatto il primo, era una sorta di ribellione contro lavori precedenti, come la vecchia serie televisiva. Su come tutto era diventato così ridicolo. Questa volta, mi trovo a giocare con l'intero pantheon di personaggi DC e a cercare di mostrarli in modo da evidenziare ciò d'importante che li sostiene. Non mi interessa per nulla il matrimonio di Flash. Voglio vederlo muoversi veloce.

Si tratta di riportare i personaggi al "cuore" di quello che li rendeva interessanti all'inizio?
Si, si tratta di quello ma anche di aggiornali. Ci sono alcuni temi politici che si possono definire quanto meno "curiosi". Mi piace mettere un po' di satira politica nei fumetti di supereroi. So che può sembrare strano, ma mi viene naturale farlo.

Le prime pagine del primo numero suonano stranamente forti alla luce degli eventi dell'11 Settembre.
E diventano ancora più strane. Ho ultimato il secondo numero il 12 Settembre. E ci sono eventi nell'albo che… la gente penserà che ho fatto tutto dopo gli attacchi. Ma è troppo.

Vista la tendenza dopo gli attacchi di rivedere la cultura popolare e di togliere le immagini del World Trade Center e di terrorismo da qualunque tipo di opera d'intrattenimento, che ne pensi?
[Ride] Beh, è quanto si legge sui giornali.
Quando hai mostrato per la prima volta il lato violento e ossessivo di Batman nel primo Dark Knight, sentivi che stavi facendo qualcosa di nuovo sul personaggio, o pensavi di star semplicemente accentuando quello che già c'era?
Quello che cercavo era il sentimento che avevo provato quando a 6 anni lessi il primo fumetto di Batman. Quel ricordo è molto più vivido del resto della mia vita da bambino. Ma è per questo che alla gente piace farmi fare dei lavori così stupidi [ride]. Ricordo che aprii quel fumetto di Batman e mi ritrovai completamente catturato. Non so dirti quale numero fosse o altro, ma mi ricordo solo che il modo in cui la città era disegnata, e il fatto di un tizio vestito da pipistrello, mi lasciarono senza fiato. Quando stavo facendo il Dark Knight stavo essenzialmente cercando di evocare quello stesso sentimento, ma per un pubblico più maturo e sofisticato. Naturalmente, il tipo indossa un vestito da pipistrello - che genere di persona lo farebbe? Deve essere uno bello strano.

Intendevi fare qualcosa da cui l'industria fumettistica avrebbe imparato e che avrebbe imitato, o lo facevi solo per te stesso e per il tuo pubblico?
Stavo solo facendo del mio meglio, davvero. Voglio dire, al tempo in cui lo stavo disegnando, si trattava di un progetto che rendeva la gente un po' nervosa. Dico sempre a chi sta entrando nel business, se stanno facendo supereroi, di rivolgere l'attenzione a quei personaggi che non vanno bene. Così avrai un sacco di libertà in più. Perciò, stavo semplicemente facendo del mio meglio per mostrare quello che secondo me Batman avrebbe dovuto essere.

Ti è passato per la mente allora che stavi facendo qualcosa che gli altri avrebbero considerato rivoluzionario?
Devi essere un vero "egomaniaco" per pensare una cosa simile, ma credo che dovrei dire di sì. Perché è quello che mi dico sempre [ride].

Così sei partito consciamente per cambiare le cose nell'industria fumettistica?
Beh, sono partito per far notare delle cose. Vedendo come tutti quegli eroi erano stati castrati sin dagli anni '50, e come sembravano essere senza scopo. In quel mondo perfetto mostrato nei fumetti di quel periodo, perché la gente avrebbe dovuto indossare un costume per combattere il crimine?

Perché non c'era niente di così malvagio in quel periodo per giustificare un simile estremismo?
C'era solo un branco di cattivi da strapazzo. Fu nel 1985 che iniziai a lavorare su questo, e pensai, "Che genere di mondo sarebbe sufficientemente spaventoso per Batman?". E guardavo fuori dalla mia finestra.

Pensi che uno come Batman funzionerebbe davvero nel mondo reale?
Hmmm. No, penso che verrebbe ucciso molto in fretta.

Come descriveresti il tuo impatto sul fumetto?
Non sono io a doverlo fare.

Neanche considerando il tuo essere "egomaniaco"?
Beh, è quello che voglio dire [ride]. Voglio dire, devi pensare che quello che stai facendo sia, in qualche modo, importante in modo da farlo. Se non è importante, almeno ne valga la pena. "Importante" è una parola troppo impegnativa. Perché penso sia qualcosa di cui sei veramente contento, per spararla così grossa. E questo generalmente è la mia ambizione. Ma al tempo stesso penso: "Non credo che qualcuno l'abbia fatto prima d'ora", e incomincio a darmi pacche sulle spalle finché non mi faccio male.
Nel migliore dei mondi possibili, qual è l'effetto che ti piacerebbe avere sull'industria fumettistica?
Beh, mi piacerebbe che tutti leggessero fumetti [ride]. Mi piacerebbe vedere, in primo luogo, all'interno dell'ambiente fumettistico, meno reverenza per lavori che non erano poi così buoni. I comics sono in giro da più di 60 anni, e come accade in molti campi, è stata prodotta un sacco di roba orribile. Nel mondo dei fumetti si tende ad avere un eccessivo attaccamento alla tradizione. Le cattive abitudini sono dure a morire. Penso che il medium [fumettistico] potrebbe funzionare più efficacemente se perdessimo le cattive abitudini che sono state create prima che noi nascessimo.

Ti riferisci a qualcosa in particolare?
Beh, sì. L'eccessivo uso di parole. Si è finito con usarne troppe. E poi, l'accettazione da parte dei lettori in cose che sono assurde. Per esempio, che la gente possa volare. La magia di una cosa simile deve essere spiegata. Invece, prendi un qualsiasi fumetto, e nella prima pagina, c'è uno che vola. E non c'è alcun commento per questo. Dovrebbe essere un momento di meraviglia e sbigottimento.
Inoltre, mi piacerebbe cambiare le cose per allargare il campo un po' di più, così da ridefinire cosa intendiamo per fumetto commerciale. Ora, il fumetto commerciale indica tizi in costume che si pestano l'un l'altro. Mi piacerebbe almeno arrivare ad essere abituati all'idea di fumetti western, crime stories, di satira politica, autobiografici … tutte queste cose sono state fatte, ma il mondo sembra essere focalizzato sui supereroi.

Pensi che sia necessaria un'etichetta? È importante che una cosa sia chiamata "commerciale" e un'altra "alternativa", se la gente ha accesso ad entrambe?
Rappresenta una categoria mentale. Nella testa della gente "Fumetto" ha assunto il significato di un genere specifico, non di una forma di narrazione. Per questo qualcuno chiamerà Die Hard "cinema fumetto" mentre non ha nulla a che fare con il fumetto. Piuttosto il fumetto dovrebbe essere il mezzo con cui una storia viene raccontata.

È vero che originariamente volevi fare dei crime comics quando hai iniziato la tua carriera, ma che sei stato dirottato sui supereroi in quanto erano la sola forma legittima di fumetto commerciale?
Assolutamente sì. Chiamami stupido ma mi sono presentato con un sacco di schizzi di tizi in impermeabile e vecchie macchine e cose simile, e mi hanno guardato come se fossi pazzo. Ho dovuto imparare a disegnare i muscoli.

Che tipo di educazione artistica hai avuto?
Nessuna.

Sei del tutto autodidatta?
Sì.

Hai delle specifiche influenze a cui ti rifai?
Beh, sì. Praticamente qualsiasi cosa mi finisca per le mani. Pian piano che imparavo, uno dei miei insegnanti non ufficiali fu Neal Adams, che mi prese da parte quando ho iniziato a far veder i miei lavori nel suo studio. Mi faceva vedere come comporre meglio una pagina, ma in genere mi diceva di lasciar perdere e di tornare a casa. Ma io ritornavo finché non sono stato in grado di ottenere un lavoro.

Ti diceva quelle cose in un modo amichevole?
È un newyorkese [ride].

Voleva che lasciassi perdere ma ti ha comunque aiutato?
È un newyorkese molto generoso. Ma riguardo ciò che mi influenza, guardo un sacco di fumetti, soprattutto roba vecchia perché ci sono diversi splendidi disegni e alcune storie molto buone. Guardo un sacco di film e leggo molti libri. Ho sempre odiato questa domanda perché non so mai come rispondere, e mi è sempre parsa una domanda un po' stupida [ride].

Avendo raggiunto il decimo anniversario di Sin City, guardando indietro che cosa pensi di questa serie?
È stata una grande esperienza. Sono ansioso di tornare a lavorarci, questo è sicuro.

Sei riuscito a fare quello che volevi nella serie?
Penso di sì. Davvero. Voglio dire, amo mettere cose come la politica nelle mie storie, perché credo sia un buon argomento, sebbene sia difficile tenere il passo di questi tempi con tutti gli idioti che ci sono. Ma voglio solo che la gente legga le storie e le apprezzi.

C'è un significato metaforico nell'uso inusuale del bianco e nero, senza alcun tono di grigio?
In verità, è stato perché Lynn Varley non se la sentiva di colorare fumetti in quel periodo. Ed inoltre, volevo vedere se ero in grado di fare un fumetto tutto da solo. Ecco perché ho fatto anche il lettering. E si adattava davvero bene al genere. In un certo senso, Sin City è stato pensato per essere un qualcosa a metà tra un fumetto americano e un manga giapponese. Lavorando in bianco e nero, ho capito che l'occhio è meno paziente, e devi fare il punto, e qualche volta ripeterlo. Rallentare le cose è più difficile in bianco e nero, perché non c'è molto per l'occhio di cui godere. Un sacco del lavoro che faccio è per rallentare la tua lettura. Questo è quello che deve fare un fumetto. Trovare dei modi per attrarre o intrattenere l'occhio per far si che ti soffermi a guardare. Perché, diversamente da un film, io non ho alcun controllo sul tuo occhio. Tecnicamente, potresti impiegare dei secondi per leggere un mio lavoro, ma io voglio che ci impieghi dei minuti.

Il bianco e nero dei disegni tende a suggerire una semplicità morale che si rispecchia nella scala eroica dei tuoi personaggi - personaggi epici, larger than life, in particolare.
L'aspetto larger than life è quello che più mi interessa. Ho sempre disegnato storie dark. Occasionalmente, ho provato con un eroe perfetto, ma è un po' una forzatura per me. Mi piacciono invece un po' stronzi, ossessivi e strambi. Nessuna meraviglia che il supereroe a cui sono maggiormente associato sia vestito come un pipistrello.
In una delle più vecchie storie di Sin City facevi riferimento a Re Leonida e alla battaglia delle Termopili, e questo implica che stavi pensando a quella storia anni prima di fare 300. Per quanto hai pianificato di fare un fumetto su un tema simile?
Sapevo a malapena che sarei diventato un autore di fumetti. Penso d'aver avuto 7 anni, e i miei genitori portarono me e mio fratello a vedere un film dal titolo The 300 Spartans. Rimasi seduto lì sbalordito per il finale, in cui i buoni muoiono. Ero posseduto da quella storia. E sapevo che volevo fare fumetti, ma non ho messo le due cose in relazione per molti decenni. Ma ho sempre … quel film, sebbene sia una vecchia pellicola piuttosto goffa, beh quando hai 7 anni, certe cose non sono goffe. Quella storia ha dato spunto a molte delle storie che ho fatto, perché la nozione del sacrificio come gesto eroico è cosi efficace. [La nozione] che l'eroe fa quello che fa perché è nel giusto, e non perché alla fine prende una medaglia.

Come hanno reagito alla Dark Horse quando hai detto loro che volevi fare un fumetto su una battaglia dell'antica Grecia?
Con grande entusiasmo. Significa che sono stati degli ottimi editori. In primo luogo, morivano dalla voglia di sapere come sarebbe stato il fumetto. E lo ero anch'io, perché ero davvero in soggezione di fronte ad un tema simile. Ma alla fine ho deciso che avevo speso troppo tempo a parlare della storia, e se se non l'avessi fatta, mi sarei solo reso ridicolo. Ero preoccupato nel fare 300.

Deve essere piuttosto piacevole sapere che sei abbastanza affermato nel campo da poter lanciare un progetto così anticonvenzionale e avere un editore importante che ti appoggia?
È davvero un lusso che gradisco, ma che mi mette in tentazione di dire, "Oh, e ora che altro posso combinare?"

Sei tentato dal rompere le convenzioni solo perché puoi, o per vedere quanto puoi spingerti oltre?
Perché voglio rompere le convenzioni, e perché ho un'inusuale libertà. Persino quando lavoro con i supereroi. E mi piace farne uso, perché porta ulteriore libertà e le cose diventano meno ripetitive.

Hai mai avuto interesse nel fare dei film basati su Sin City?
Lo sono stato per un po'. Ho scritto una sceneggiatura e tutto il resto. Poi ho deciso che almeno per il momento lo avrei fatto solo se avessi avuto un controllo quasi totale. Non volevo cedere nessuno dei diritti. Il tempo non era ancora giunto, e avrei piuttosto continuato a fare altri fumetti.

Hai verificato come fama e licenza creativa in un medium artistico non si traducono in eguale fama e licenza creativa in un altro medium?
Non so. Voglio dire … Si, sicuramente è così, stavo tuffandomi in una vasca molto più grande che era piena di squali. Ma per me, è stata tutta una questione di controllo. Come sceneggiatore cinematografico, il lavoro mi piace. È un gran divertimento. Il cinema è un business davvero attraente, ci sono un sacco di soldi, e tutto il resto. Ma è un medium collaborativo, e vorrei avere molto controllo per fare Sin City.

Inizialmente, come sei stato coinvolto a fare sceneggiature per il cinema?
Il telefono ha squillato. L'ha fatto davvero. Avevo un agente per Hollywood da prima per via di un contatto con la televisione. Avevo appena finito Dark Knight da un paio di mesi e incominciamo a prendermi troppo sul serio. Grazie a dio non ho lasciato che qualcuno dei lavori che avevo fatto al tempo venissero pubblicati. Visto che avevo fatto io l'errore, credo sia colpa mia. E non mi stavo affatto divertendo. Il mio agente mi chiamò, e Joe Davison [il produttore esecutivo di Robocop] voleva sapere se ero interessato a scrivere Robocop 2. Per cui l'ho incontrato, e sono stato coinvolto nel processo produttivo dall'inizio alla fine.

Che ne pensi del prodotto finito?
È difficile per me dare un giudizio, perché ero sul set, ma penso che sia finito un po' fuori controllo. Non so, è difficile, perché quando lo guardo mi ricordo di come mi sentivo sul set con tutta la troupe e la gente intorno. Per questo mi è difficile giudicarlo.

Quanto il film è vicino alla sua sceneggiatura?
A quale? Ci devono essere state almeno una mezza dozzina di versioni di Robocop 2. E c'erano molte mani che si aggiungevano mentre si andava avanti.

C'è una significativa differenza tra il livello del tuo coinvolgimento in Robocop 2 e Robocop 3?
Sì. Quando ho fatto il primo, avevo l'aspirazione di regia, e pensavo davvero di poter controllare la cosa. Nel secondo, mi sono incontrato con il regista diverse volte, ho proposto delle idee, lui ne ha proposto altre, ho scritto una versione della sceneggiatura, lui ne ha scritto un'altra, e così via. Ma ho capito che era un lavoro su commissione, e la cosa era molto più divertente perché così non ero possessivo. Ho capito a quel punto che quello che mi appartiene sono i miei fumetti.

Sei rimasto contento dell'episodio della serie animata di Batman in cui viene usato il character design del tuo Dark Knight?
Oh, era meraviglioso [ride]! Si, era divertente. Bruce Timm, il responsabile dell'animazione, mi ha chiamato e mi ha chiesto se ero d'accordo che mettesse un po' di Dark Knight nello show. E ho risposto. "Sicuro, tu sei Bruce Timm!!!". E lui: "Vuoi vedere il soggetto?". E io: "No, sei Bruce Timm, mandami direttamente la cassetta!!!". La videocassetta è arrivata, e l'ho guardata per tre volte di seguito, ridendo a crepapelle. È uno spettacolo. È riuscito persino a rendere bene il mio Robin.

Questo indica che un cartone di Sin City nel tuo stile potrebbe funzionare?
Si, se fosse Bruce Timm a farlo. Ha fatto un lavoro davvero notevole. Sì, penso che sarebbe un bel divertimento. E solo che … un progetto alla volta, no?

Hai considerato di coinvolgere Bruce Timm e il suo team per un eventuale adattamento?
Oh, sì. Ne abbiamo parlato. Ma al momento non c'è alcun progetto.

Hai scritto qualche altra sceneggiatura per il cinema, a parte la sceneggiatura preliminare di Sin City e i due film che sono stati prodotti?
Si, ne ho fatto un paio che hanno fatto una fine terribile in alte pile su scaffali pieni di sceneggiature. Ce n'è una, che non so che fine abbia fatto ora, basandomi sul mio fumetto Ronin e che fu sviluppata insieme a Darren Aronofski [regista di Pi e Requiem for a dreamer]. Darren ed io stiamo attualmente lavorando a Batman: Year One some co-sceneggiatori. Gli ho passato una versione della sceneggiatura giusto l'altro giorno.

Come è lavorare con lui?
È un vulcano. Le idee gli escono dalle orecchie. Tendenzialmente ci divertiamo un sacco insieme. È buffo perché in molti casi penso d'essere quello più solare tra i due, e non è una cosa che mi capita di solito.

Non mi sembra che lui sia un tipo da fumetti. Sembra una scelta strana per dirigere il nuovo film su Batman. Qual è la sua visione del personaggio?
Tende a dare grande importanza ai fumetti. Comunque, non posso davvero dire cosa ci sia nel film, perché credo che quelli della Warner Bros manderebbe qualcuno a darmi una bella lezione. E chiedere allo sceneggiatore come sarà il suo film è come chiedere a un portiere quale palazzo debba essere espropriato.
Con JESUS! che sta succedendo?
Per il momento è fermo. Se mi mettessi a farlo, mi porterebbe via un sacco di tempo in ricerche, perciò bisognerebbe attendere comunque anni. E le vicende dell'11 Settembre mi hanno reso un po' meno interessato alla religione di questi tempi.

Eri interessato a fare delle ricerche in Medio Oriente, e anche questo non sembra certo una cosa fattibile ora.
[Ride] Anche quello dovrò aspettare.

Hai un background religioso?
Non proprio. Beh, credo di sì. Padre cattolico, madre quacchera. Ma non ero obbligato ad andare in chiesa. Sono andato ad una scuola domenicale di catechismo, ma non sono stato educato in una scuola cattolica o simili.

Sei interessato in ri-immaginare o ricostruire la figura di Cristo da una nuova prospettiva?
Non vorrei parlarne ora. Quello che ho in mente è inusuale, ma se inizio a parlarne, credo che mi sentirei poi in imbarazzo nel fare la storia.

Ci sono altri eventi storici o periodi, o personaggi che ti interessano?
Sì, ci sono. Mi sembra che ogni volta che guardo un evento storico, è come se fosse una storia che aspetta d'essere raccontata. Ce ne sono così tante. Prima o poi sarei interessato a fare qualcosa sull'Irlanda.

Hai in mente un evento o un periodo particolare, o sarebbe semplicemente un posto dove ambientare la storia?
Penso ai primi periodi dell'IRA. Il genere di cose su cui sono state scritte tutte quelle splendide ballate. Ma la Storia prende un sacco di tempo per fare ricerche, e ora sono più interessato a fare un altro episodio di Sin City, anche se penso che non lo farò più in albetti. Credo che uscirò direttamente in volume. La gente che legge Sin City ha una lunga durata d'attenzione, e prenderebbe il volume comunque. E mi sono divertito un sacco facendo Family Values, stando 5 mesi a fare un'unica grande storia. Con gli albetti, mi sento come se avessi una palla al piede. Essendo vincolato a fare solo 26 pagine alla volta … qualche volta voglio fare una singola scena che è più lunga di quelle pagine.

Una caratteristica particolarmente interessante del tuo lavoro è il linguaggio che usano i tuoi personaggi, specialmente nei due Dark Knight e negli albi di Martha Washington. Come sviluppi una parlata che suona così realistica?
Posso risponderti per quella in Dark Knight. Per gli altri lavori, è solo roba che ho sentito per caso o che ho inventato. Ma nel Dark Knight ha tutto a che fare con la città dove mia moglie e colorista Lynn Varley è cresciuta. I suoi fratelli - Don e Rob, a proposito - facevano parte di un gruppo di ragazzi che parlavano in un modo davvero particolare. Quando li ho sentiti, sono uscito di testa perché mi piaceva moltissimo. Era un modo di parlare davvero sarcastico. Una volta sono stato nel Michigan a far visita alla famiglia, e ho fatto sedere i due ragazzi e li ho registrati mentre parlavano, poi sono andato via e ho studiato il nastro. Poi ho scritto le mie storie, e dovevo sempre mostrare quelle parti a Lynn prima di letterare e lei mi diceva dove stavo sbagliando.

Così i membri della gang Don e Rob nelle due serie del Dark Knight stavano in realtà parlando in uno slang che esiste davvero?
Era il modo in cui alcuni ragazzi parlavano negli anni '80 in uno dei sobborghi di Detroit.

Hai intenzione di dare un seguito a qualche altra delle tue ideazioni, come Martha Washington?
Voglio fare altre storie di Martha e ho anche delle idee in merito, ma questo dipende dagli impegni del disegnatore Dave Gibbons. Prende molto più tempo disegnare queste storie che scriverle. Riguardo Hard Boiled non abbiamo alcun piano per un sequel.

Rolling Stone scrisse poco dopo l'uscita di Dark Knight: "Nelle mani di Miller, Batman è più grande di un'icona fumettistica. È il simbolo violento della dissoluzione e dell'idealismo americano". Come ti colpisce un'affermazione simile?
Qualsiasi cosa detta con passione, devo dire che mi piace. Devo anche dire che Batman era una metafora di tutto quello, soprattutto nella prima serie, nella seconda, non è poi così di cattivo umore. Infatti è di buon umore, e questo mette davvero paura.

In un certo senso, i volumi del Dark Knight sostengono un approccio da vigilante per affrontare la violenza e l'apatia della nostra società, e come tu stesso hai detto, eventi della nuova serie vanno in stretto parallelo con i fatti recenti. Pensi che la cosa potrebbe funzionare anche nel senso inverso? Ossia la gente potrebbe ispirarsi al Dark Knight per agire come un vigilante?
Non conosco molta gente che prenda ispirazione per le proprie idee politiche dai fumetti. Una simile idea mi spaventa da sempre. Sono solo uno che getta la propria roba contro un muro per vedere che cosa succede. Penso che nessuna cosa faccia sia in grado di influire sulla cose ad un livello simile. Penso che nessuno che faccia fiction possa farlo. Mi sembra che non sia questo lo scopo della fiction. In rari casi uno può scrivere un lavoro di fiction come Uncle Tom's Cabin [La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe, N.d.T.) o To Kill a Mockingbird [Il buio oltre la siepe di Harper Lee, N.d.T.], che è così potente o popolare da cambiare le cose. Ma penso che se uno cercasse di farlo di proposito per avere quell'effetto sulla società avrebbe un effetto negativo sul proprio lavoro. Finirebbe con lo scrivere un trattato.

Intervista apparsa a Dicembre 2001 su The Onion A.V. Club.
Pubblicata in Italiano su Ultrazine.org a Gennaio 2002

giovedì 1 dicembre 2016

Mese Mooriano: bilanci & ringraziamenti

Ieri si è concluso il mese Mooriano: tutto Novembre con (almeno) un post giornaliero dedicato allo Scrittore di Northampton!

Non sono certo che l' "esperimento" verrà ripetuto l'anno prossimo ma di sicuro stavolta è stato un successo, per lo meno rispetto all'obiettivo che mi ero dato, anche un po' inconsapevolmente, di proporre ogni giorno un "qualcosa" di relativo al Mago Barbuto.

In tutti questi anni tante cose sono cambiate - e anche questo mese di Novembre, personalmente (e non solo), ha riservato diverse sorprese (più o meno gradite; "that's how it goes, smokey!", direbbe il buon Alan) - ma la passione e l'interesse per Moore sono rimaste sempre una costante capace di rinnovarsi continuamente senza perdere mai vigore.

Per questo mese Mooriano non posso però non rivolgere un pensiero speciale agli amici artisti che hanno contribuito con la loro arte realizzando appositamente per l'occasione 9 splendidi ritratti dell'Autore inglese: un caloroso GRAZIE quindi (in ordine di apparizione) a Teresa Ennas, Onofrio Catacchio, Manuelle Z. Mureddu, Massimo Perissinotto, Dany&Dany, Armando Rossi, Antonio Nonnato, Sudario Brando e Piallo.

E... grazie a TE che passi a farmi visita su queste pagine!

mercoledì 30 novembre 2016

L'Alan Moore di Piallo

Illustrazione di Piallo.
Sopra, un vibrante ritratto di Moore "catturato" dall'amico fumettista e illustratore PIALLO (aka Gianluigi Concas). 

QUI potete ammirare un'altra illustrazione a tema Mooriano realizzata a matita da Piallo.

Per maggiori informazioni su Piallo: Blog - IperPlasticol

martedì 29 novembre 2016

L'Alan Moore di Sudario Brando

Illustrazione di Sudario Brando.
Sopra, Moore - in versione Dr. Manhattan su Marte - ritratto dal "misterioso" artista SUDARIO BRANDO, che ringrazio per il generoso contributo.

Per maggiori informazioni su Sudario Brando: intervista - Blog - Facebook - Twitter

lunedì 28 novembre 2016

L'Alan Moore di Antonio Nonnato

Illustrazione di Antonio Nonnato.
Sopra, uno splendido ritratto dell'Uomo dietro la maschera, opera del fumettista e illustratore ANTONIO NONNATO (che sentitamente ringrazio per il contributo).

Per maggiori informazioni su Antonio Nonnato: breve profilo - Facebook

domenica 27 novembre 2016

Alan Moore e l'LSD

Estratto da un'intervista pubblicata nel 2010 sulla rivista cartacea inglese The Stool Pigeon (qui online)

Per quanto possa sembrare un cliché oppure una ovvietà, fino a che punto credi che assumere LSD da giovane abbia agito da catalizzatore o da elemento chiave?
Alan Moore:
Naturalmente nessuno può dire cosa sarebbe successo che le cose fossero andare diversamente. Posso dire che ha avuto un impatto enorme sulla mia vita. La prima volta che ho preso un acido ho avuto delle allucinazioni di una qualità tale che è durata solo per pochi anni. Erano come illustrazioni di Martin Sharp [della rivista Oz]. Erano molto liquide e cangianti. Ma poi, pochi anni dopo - e sono sicuro che l'acido fosse esattamente lo stesso - le visioni erano cambiate. L'esperienza diventò più cristallina e definita. Un po' più paranoica. Ma, sì, mi ha fatto capire che, in fondo, la realtà è uno stato della mente e che, così come la tua mentre potrebbe cambiare, così potrebbe accadere alla realtà. È un qualcosa che ha poi avuto un grande impatto sul mio modo di pensare, e penso anche che mi sono reso conto che, quando mi trovavo in quello stato mentale, le mie percezioni rispetto all'arte, alla scrittura e alla musica erano fantastiche.
Non voglio dire però che mi piacesse tutto, assolutamente no. Sono diventato piuttosto critico e mi piacerebbe godere di un opera d'Arte, qualsiasi essa sia, a un livello molto più profondo e luminoso. Per cui ho probabilmente risolto la faccenda cercando di scrivere o disegnare o creare per la gente nelle stesse condizioni in cui probabilmente ero quando creavo quei mondi e visioni.  
È un po' come  Jason Spaceman e Sonic Boom dei Spacemen 3 che al tempo scrissero "Taking Drugs To Make Music To Take Drugs To" [Prendere droghe per fare musica per prendere droghe, N.d.T.]. 
E pensai: 'È un modo elegante di dirlo e sono sicuro che un sacco di Arte nella storia del mondo è stata creata in questo modo.' Sono sicuro che è così che creava Wilkie Collins e sono sicuro che così faceva Samuel Taylor Coleridge.

L'intervista completa è disponibile QUI.

sabato 26 novembre 2016

L'Alan Moore di Armando Rossi

Illustrazione di Armando Rossi.
Sopra, un dark e psichedelico Alan Moore ritratto da ARMANDO ROSSI, fumettista, illustratore e pittore.

Dalla sua pagina Facebook: "Per quindici anni ho disegnato fumetti per editori italiani e stranieri e mi considero un narratore. Tutte le mie opere sono storie che desidero raccontare a chi le guarda. Per questo ritraggo persone, i loro umori e i loro atteggiamenti, perché ognuno rappresenta una storia unica. Il mio repertorio comprende illustrazioni a matita e inchiostro, e dipinti a olio o acrilico su pannello o su tela."

Per maggiori informazioni su Armando Rossi: Sito - Pagina Facebook

(Grazie tante Armando!)

venerdì 25 novembre 2016

Karen Berger: Alan è Alan!

Karen Berger e Alan Moore nel 1986.
Nel seguito, un breve estratto dall'intervista a Karen Berger, storico editor della Vertigo, raccolta a Marzo 2012 e pubblicata in appendice all'interessante volume The British Invasion: Alan Moore, Neil Gaiman, Grant Morrison, and the Invention of the Modern Comic Book Writer di Greg Carpenter edito da Sequart Organization. 

Greg Carpenter: Molti di noi, col senno di poi, tendono a mitizzare alcune storie a fumetti come La lezione d'anatomia. Anche se al tempo non eri ancora l'editor di Swamp Thing, quando la sceneggiatura arrivò in DC suscitò un qualche clamore?
Karen Berger: Assolutamente. Bastava leggere la sceneggiatura, leggere l'albo e sapevi che quel tizio stava facendo qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima nei comics. Non sapevamo dove sarebbe arrivato - nessuno lo sapeva - ma sapevamo che era uno scrittore speciale con un talento speciale. Ogni volta che una sceneggiatura di Alan arrivava nella posta in quelle buste inglesi dallo strano formato, ci sedevamo tutti intorno e Len [Wein] leggeva la sceneggiatura perché anche le indicazioni di regia e composizione erano davvero interessanti. Le cose erano più semplici e meno frenetiche allora, c'era tempo per farlo.
E il valore di quell'albo, sinceramente, rimane inalterato tuttora. Lo rileggo ogni paio d'anni. Per diverso tempo Alan ha affermato (era ancora quando lavoravamo insieme su Swamp Thing) di pensare che il N. 21 fosse il suo albo migliore. "Dopo una storia così", diceva, "dove vai?"

[...]

Carpenter: Dal punto di vista dell'editor come funzionava su Swamp Thing? Tu e Moore vi parlavate e sviluppate idee insieme oppure le sceneggiature arrivavano in quelle "strane buste" e tu facevi la semplice revisione del testo [in inglese "line editing", N.d.T. ]? Oppure era una via di mezzo?
Berger: Alan pensa tutto da sé e ha fatto così sin dall'inizio. Non è mai stato uno scrittore che procede numero per numero. Lui pianificava un anno di storie. Quando sono diventa l'editor della serie, mi ha semplicemente inviato i soggetti e le trame da lì ad un anno. Aveva già pensato a tutto ed era tutto splendido. Poi parlavamo delle storie e lui procedeva a scriverle. 
Alan appartiene a quel tipo di scrittori che... non hanno nulla da supervisionare o correggere. Credo che il più grande cambiamento che abbia fatto ad una sua sceneggiatura - non era neppure una vera sceneggiatura - sia stato quello di cambiare l'ordine di una sequenza di storie. Credo volesse fare prima Il carteggio Nukeface e io ho voluto posticiparlo poiché preferivo facessimo prima un'altra storia. Credo che questo sia stato il mio massimo contributo. [risate]
Si sa, Alan è Alan. Voglio dire, con la massima onestà, c'è Alan e poi ci sono tutti gli altri. Lui è davvero in una categoria tutta sua.

giovedì 24 novembre 2016

L'Alan Moore di Dany&Dany

Illustrazione di Dany&Dany.
Sopra, un magnetico Alan Moore splendidamente ritratto da DANY&DANY. 
Dany&Dany (Daniela Orrù e Daniela Serri) sono uno studio di autrici di fumetti, attivo dal 2002. I loro romanzi grafici sono pubblicati in Italia, Stati Uniti e Germania.

Per maggiori informazioni su Dany&Dany: Pagina Facebook - Blog.

(Grazie tante Danys!)

mercoledì 23 novembre 2016

Alan Moore, Fashion Beast e Malcolm McLaren

Copertina del volume Fashion Beast illustrata da Facundo Percio.
Nel seguito un breve estratto dalla lunga introduzione scritta da Alan Moore (datata Northampton, 14 giugno 2013) inclusa nel volume Fashion Beast, di recente pubblicato in Italia da Panini Comics che in precedenza aveva proposto la serie in albi. L'ottima traduzione è dell'amico Antonio Solinas.

Fashion Beast nasce originariamente a metà degli anni '80 come sceneggiatura per il cinema scritta da Moore su commissione e idea di base di Malcolm McLaren.
Il film non fu mai realizzato e lo script rimase inutilizzato fino a che la Avatar Press non ne acquisì i diritti per un adattamento a fumetti affidato ad Antony Johnston (testi) e Facundo Percio (disegni), con la supervisione dello stesso Moore: il primo numero (della maxiserie di dieci albi) uscì nel corso del 2012 per il mercato americano.   
Malcolm McLaren (a sinistra) e i Sex Pistols.
Alan Moore: [...] Sulla base del ragionamento che un creatore di fumetti capace potrebbe forse contribuire con freschezza a una sceneggiatura cinematografica, [Malcolm McLaren] si era insediato in una vivace e affollata fumetteria a Saint Mark’s Place e aveva chiesto al tredicenne dall’aspetto più cool che era riuscito a trovare chi fosse il suo scrittore di fumetti preferito. Secondo Malcolm, questo giovane insolitamente profondo e intelligente aveva risposto, senza esitare, “Alan Moore: la mano sinistra di Dio”.
Nel caso improbabile che io scriva mai un’autobiografia, tipicamente modesto e riservato come sono, questo ne sarà quasi certamente il titolo. Il sovversivo impresario mi invitò a incontrarlo a Londra per discutere alcune sue idee cinematografiche, e chiedermi se mi facesse piacere essere coinvolto nella sceneggiatura di qualcuna di esse. Anche se confesso che non avevo ambizioni o genuino interesse creativo nei confronti del mondo del cinema, mi ero sempre pigramente chiesto come sarebbe stato scrivere per un tale medium. In maniera più persuasiva, ero ansioso di incontrare Malcolm McLaren e, se possibile, lavorarci insieme: a mio avviso, resta uno dei più effervescenti intelletti della cultura pop del XX secolo. Fu così che, circa una settimana dopo, mi capitò di incontrarmi con tale figura consciamente mefistofelica, nella hall dell’hotel di Londra in cui alloggiava. Arrivato con qualche minuto d’anticipo, per caso potei assistere agli ultimi scatti di un servizio fotografico per il quotidiano (dichiaratamente) sensazionalistico Sun. [...] Quando il fotografo se ne andò parlammo, e fui in grado di vederlo lontano dai riflettori, tra le performance pubbliche come Malcolm McLaren, l’amabile cattivo da cartone animato, consapevolmente dickensiano, che lui stesso aveva progettato per il consumo popolare. Alto almeno quanto me e notevolmente meglio vestito, aveva una qualità da uccello... probabilmente rapace, come accennato in precedenza, ma certamente un tipo di corvide ingegnoso... e quando stava in piedi non assomigliava ad altro che a una candela antropomorfa, con una fiamma arancione di combustione cerebrale che si originava dalla cera umana. [...]

recensioni in 4 parole [46]

Un bicchiere mezzo vuoto.
Martin agitato, non mescolato.
La disfunzionale famiglia sintezoide.
Palla
L'amore senza limiti.
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
di Tiziano Sclavi (testi) e Giampiero Casertano (disegni)
Editore: Sergio Bonelli
Formato: brossurato, 98 pagine, bianco e nero
Prezzo: €3,20
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 
di  "I Mysteriani" (testi), Fabio Piacentini (disegni), Daniele Rudoni (colori)
Editore: Sergio Bonelli
Formato: brossurato, 98 pagine, colore
Prezzo: €2 (il primo numero, in offerta lancio)
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 
 
La Visione Vol. 1
di Tom King (testi), Gabriel Hernandez Walta (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: cartonato, 136 pagine, colore
Prezzo: €14
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Palla
di Paolo Bacilieri
Editore: Hollow Press
Formato: cartonato, 56 pagine, bianco e nero + rosa
Prezzo:  € 12
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

martedì 22 novembre 2016

L'Alan Moore di Massimo Perissinotto

Illustrazione di Massimo Perissinotto.
Sopra, un potente e irato Alan Moore firmato MASSIMO PERISSINOTTO, fumettista, scrittore, saggista, esperto di cinema horror e molto altro ancora, sempre col cuore rivolto alle produzioni underground... da oltre due decenni abbondanti.

Per maggiori informazioni su Massimo Perissinotto: Pagina Facebook.

lunedì 21 novembre 2016

Un genio inglese

Nel seguito un breve estratto dal documentario The Mindscape of Alan Moore curato e diretto da DeZ Vylenz, girato nel corso del 2002 e presentato per la prima volta nel corso del 2003.

Alan Moore: Ho imparato il mestiere facendo storie molto brevi, di 3 o 4 pagine ciascuna, che è un ottimo modo per imparare a scrivere, a prescindere. Ho continuato facendo un paio di serie dove ho guadagnato maggior controllo sulle tematiche e dove ho potuto spingermi oltre ed essere un po' più sperimentale. Questi lavori hanno iniziato a vincere premi in Gran Bretagna e questo ha colpito gli Americani.

Gli Americani tendono a pensare che ogni premio sia un Oscar e non si resero conto che i premi nel campo del fumetto sono tutti votati da 30 persone che vestono in parka
[in Inglese Moore usa il termine "anorak", utilizzato anche per definire i nerd; si veda qui] e hanno una terribile vita sociale.

E così, per quanto li riguardava, se avevo vinto un premio allora ero un genio inglese. E così mi ingaggiarono e la DC mi mise a lavorare su Swamp Thing, che fece un bel po' di rumore e mi diede credito sufficiente per ottenere altri progetti, permettendomi di scrivere più o meno qualunque cosa volessi. Tutto ciò portò a Watchmen a metà degli anni '80 e quello fu uno dei lavori responsabili per la ridicola bufera di pubblicità che portò i fumetti o graphic novel, come qualcuno nel reparto marketing da allora ha deciso che devono essere chiamati, a diventare popolari.

domenica 20 novembre 2016

L'Alan Moore di Manuelle Z. Mureddu

Illustrazione di Manuelle Z. Mureddu.
Sopra, un intenso e ieratico Alan Moore nell'interpretazione di MANUELLE Z. MUREDDU. La versione a colori, sempre realizzata dall'artista, è disponibile qui.

Manuelle Z. Mureddu è un essere umano maschio nato nel 1980. È autore di fumetti, illustra e scrive libri. È stato il primo professionista a pubblicare con continuità storie scritte e disegnate in sardo. Ha sviscerato nella forma, ricreando e modellando nella sostanza, i miti nuragici, giudicali e contemporanei della Sardegna. [estratto dalle note biografiche in terza di copertina de La Danza dei corvi, libero adattamento a fumetti realizzato da Mureddu de Il Giorno del Giudizio di Salvatore Satta]

Per maggiori informazioni su Manuelle Z. Mureddu: Pagina Facebook Ufficiale.

sabato 19 novembre 2016

Alan Moore 2001: Passato & Futuro

Warrion N. 11.
Quest'intervista - condotta da Brad Stone con la collaborazione di Jennifer Granick - è originariamente apparsa su Comicbook Resources a fine ottobre 2001, ed è stata condotta poco prima dell'uscita del film su From Hell nei cinema americani. 
Pubblicata su Ultrazine.org a gennaio 2002 (traduzione di Daniele Tomasi & smoky man)
Da sin.: Jennifer Granick, Alan Moore e Brad Stone.
Perché hai scelto di entrare nel mondo dei comics e di diventare uno scrittore di fumetti?
Alan Moore: Stavo morendo di fame.
I fumetti mi sono sempre piaciuti. Sin da quando avevo 6 o 7 anni. Ho scoperto i fumetti americani all'età di 7 anni. Più tardi sono arrivato ad apprezzare il fumetto come forma artistica, e mi sono reso conto che sebbene con gloriose eccezioni come Will Eisner e Harvey Kurtzman, era un campo ancora largamente inesplorato. Le opere migliori erano ancora di là da venire.
E stavo lavorando per un subappaltatore della compagnia del gas. Un meschino lavoro d'ufficio. Era la fine degli anni '70. Sono passato per un serie di lavori veramente miserabili dopo il mio precipitoso allontanamento dal ginnasio in cui stavo.

Perché sei stato espulso?
Spacciavo acido. Erano gli anni '60. Avevo 17 anni. Spacciarlo a scuola era molto meglio del piano A, che era gettarlo nel serbatoio dell'acqua. Avrebbero dovuto tenerlo in considerazione. Invece il direttore non condivise per nulla il mio divertimento per l'accaduto. E non solo mi espulse da scuola, ma contattò tutti gli altri licei, università e scuole d'arte, e scrisse loro che ero stato un orrendo cancro per la morale di tutti i suoi allievi, e che non mi avrebbero dovuto ammettere.
E poi, naturalmente, quando ho iniziato a cercare lavoro, mi chiedevano le referenze scolastiche. Lui voleva essere sicuro, sin da quando avevo 17 anni, che non avrei mai fatto nulla per il resto della mia vita. Un po' troppo duro per un diciassettenne.
Okay, quindi ero un diciassettenne sociopatico.

Il direttore dov'è ora? E' riuscito a vedere il tuo successo?
Si è impiccato. Qualche mese dopo. Non ho nulla a che fare con questo.
Ma sì, quello fu il punto di non ritorno, la fine della mia carriera scolastica che non mi lasciò con molte possibilità di scelta. I soli lavori che potessi ottenere erano lavori che chiunque avrebbe potuto avere, anche con una fedina penale sporca. Sai, chiamate di lavoro nei cantieri o addetto alle pulizie negli hotel. E poi una posizione precaria in lavori d'ufficio, che erano pagati poco ma almeno erano al coperto.
E poi verso i 24 anni mi sono sposato. E pensavo... beh, nella vita ho sempre voluto fare qualcosa di creativo, come scrivere. E se non lo faccio ora, mi ritroverò semplicemente a fare questi lavori miserabili a 50 anni, con un sacco di rimpianti. E questo mi ha terrorizzato. Perciò ho deciso che avrei lasciato il lavoro e cercato di fare un vero tentativo come artista.
Appena lascio il lavoro, mia moglie mi annuncia che il risultato del test di gravidanza è positivo e che aspettiamo un bambino. A quel punto avevo una decisione da prendere: mollare un lavoro sicuro e mettermi in una terribile situazione d'instabilità con un bambino in arrivo. D'altra parte sapevo che una volta che il bimbo fosse arrivato e mi avesse guardato con i suoi occhioni affamati non avrei mai avuto il coraggio di lasciare il lavoro. Così mi offrirono di riprendermi a lavoro, ma dissi no e me ne andai.
Passai circa un anno all'amorevole mercé del sistema d'assistenza sociale britannico. E poi finalmente riuscii ad ottenere un lavoro facendo una striscia settimanale a mezza pagina su un giornale inglese. Stavo lavorando come disegnatore e avevo dei dubbi sulla mia adeguatezza come artista. Stavo facendo una piccola striscia umoristica su uno dei giornali locali a Northampton. Questo mi faceva guadagnare 2 sterline in più alla settimana rispetto a quanto prendevo dall'assistenza sociale. Era una buona scusa per fare di me stesso un uomo onesto.
E lentamente capii che non ero un granché come disegnatore e che non avrei potuto disegnare abbastanza in fretta da viverci. Ma avevo raggiunto un certa padronanza nel raccontare una storia per immagini. Perciò mi misi in contatto con un amico, Steve Moore, nessun legame di parentela tra noi, che era scrittore di fumetti dall'età di 16 o 17 anni. Gli chiesi di spiegarmi come redigere un soggetto base, come sistemarlo. E mandai un paio di scritti alla Marvel inglese, alla rivista 2000 A.D. magazine. Tutto iniziò da lì e più o meno va ancora avanti.

Che cosa pensi oggi dei tuoi primi lavori: V for Vendetta, Swamp Thing, Watchmen? Ti piace rileggerli di tanto in tanto?
Sono molto orgoglioso di quei lavori. Ero molto più giovane. Almeno ho detto cose in cui credevo. Perciò ne sono orgoglioso.
V for Vendetta è uno dei primi lavori con David Lloyd, è dove ho iniziato a capire parecchio su come raccontare una storia. Era molto essenziale. David insistette per non usare alcun baloon di pensiero né effetti sonori. La cosa sul momento mi sembrò un'imposizione, ma una volta che iniziammo a fare in quel modo, pensai che rendesse la storia più naturalistica, più credibile.
In Swamp Thing ci sono dei numeri che sono migliori di altri. Ma ce ne sono alcuni che sono davvero buoni.

Dopo Watchmen e Miracleman dicesti di aver portato il genere supereroistico ai suoi limiti.
Ho detto un sacco di cose strane. Dopo Watchmen penso di aver detto che non sentivo più il genere supereroistico come il modo migliore per raccontare storie di un certo spessore. Che se avessi voluto fare una storia sull'ambiente sarebbe stata migliore senza la presenza di un mostro della palude, se avessi voluto fare una storia sulla politica sarebbe stato meglio non avere a che fare con un gruppo di supereroi.
Credo che l'icona del supereroe abbia ancora una considerevole forza. Ha trasformato la mia giovinezza. E' un talismano dell'immaginazione. [I supereroi] sono stati un modo potente di aprire stanze nella mia immaginazione quando ero bambino. Sono stati molto, molto importanti per me. E il fatto che tu possa usarli per raccontare storie allegoriche o di qualunque tipo non significa che tu debba farlo.
Batman: The Killing Joke, che ancora vende e che, per opinione comune, fu la principale fonte di ispirazione per il primo film di Batman, per quello che può valere, è un albo terribile. Voglio dire... non significa nulla! Parla di Batman e del Joker, e dice che si, psicologicamente Batman e il Joker sono due facce delle stessa medaglia. E allora? Lo sai già. Ma non incontrerai mai qualcuno anche solo lontanamente simile ad uno dei due. Non incontrerai mai qualcuno che è uscito di testa in quel modo.

Quali erano i supereroi che ti interessavano durante l'adolescenza?
Quasi tutti. Devi tenere a mente che a Northampton, Middle England, vivevo in una zona chiamata Boroughs. Era la zona più povera della città. Davvero degradata. Mi piaceva, ma era una sorta di squallido quartiere vittoriano. Non avevamo una stanza da bagno. Non avevamo un gabinetto interno. Avevamo l'elettricità, ed era più di quello che aveva mia nonna. Lei aveva il gas. Parlandone ora suona un po' dickensiano, è un mondo così diverso.
In quel contesto io leggevo i fumetti inglesi. Ma i fumetti inglesi parlavano di scolari discoli, parlavano di cose per me familiari. Per questo non mi interessavano molto. Ripensandoci adesso, capisco che gran mole di fantastici lavori contenessero. Ma avevo 7 anni, ed ero affascinato da Flash, Action Comics, Detective Comics. E non perché c'era un tizio che correva a super velocità. Non era questa la cosa importante. Erano a colori. Ed erano ambientati in America. E non era semplicemente l'America, ma l'America dei fumetti. Che pensavo fosse simile a quella reale.
Ricordi quelle panoramiche di città che Carmine Infantino disegnava su Flash negli anni '60? Ora so che non c'era nulla in America al tempo che assomigliasse a tutto quello. Era una specie di mondo fantascientifico, con quegli edifici altissimi... ed era a colori. Al contrario i fumetti inglesi al massimo avevano dei toni di rosso e rosa. Questo era il meglio che si potesse avere.
Tom Strong N. 1.
E questo ti ha portato a creare il mondo fantastico di Tom Strong, Promethea e Top Ten (tutti pubblicati da America's Best Comics, una sezione della D.C. Comics).
Fu mentre parlavo di Carmine Infantino che capii all'improvviso che nei primi fumetti di Flash, le meravigliose, grandiose piazze asettiche, quei palazzi altissimi che sembravano bicchieri da cocktail... quella non era la realtà. Era una visione di come l'America poteva o avrebbe potuto essere. Perciò ho deciso, quando stavo per iniziare la linea ABC, che avrei ambientato tutto in America ma visualizzata a modo mio, delineando un'America inesistente. Ma che fosse evocativa e intensa, tanto che la gente avrebbe voluto che fosse così. Perciò ecco Tom Strong e Millennium City, con tutte quelle funivie e quei ponti.

Che cosa ti ha ispirato nella realizzazione de La Lega degli Straordinari Gentiluomini (che fa incontrare personaggi letterari vittoriani come Allan Quaiterman, il Capitano Nemo e Mina Harker di Dracula)?
Penso sia divertente non poter citare personaggi che non facciano parte della letteratura vittoriana. Questo ha ridefinito il lavoro, quando l'ho capito è diventato un punto di partenza molto più gradevole. Ho immaginato "Dunque, quando Nina... e Mr. Hyde, nella Rue Morgue..." ed ho pensato "però, è divertente... puoi fare delle situazioni come questa, mischiare tutte queste cose...". Nel secondo numero ho inserito tutti i personaggi della letteratura pornografica del periodo. Si ritrovano nella stessa storia dei personaggi che non dovrebbero stare assieme. Non so perché ciò mi piaccia cosi tanto. E' come attraversare follemente questo quartiere letterario ed abbattere le staccionate che separano le storie dei diversi personaggi. E quindi puoi trovare il mostro di Frankenstein che si aggira nel mezzo di Piccole Donne. Se questo è quel che sogni.
La maggior parte dei personaggi è molto fedele all'originale. Di Allan Quatermain ho le storie originali. Lui è un vigliacco, uno sbruffone e con la tendenza all'abuso di droghe. Nemo è una sorta di fanatico Sikh. Questo tendi a dimenticarlo quando lo vedi interpretato da James Mason. O qualcuno simile. E ti dici "oh, certo, era un tizio occidentale". La verità su Nemo è che si tratta di un fanatico indiano Sikh, un genio scientifico che, comprensibilmente, odia gli inglesi. Si trattava di mettere insieme tutti questi personaggi, e pensai "sarebbe divertente metterli assieme come un gruppo di super-eroi. E poi ci serve una donna, ci dovrebbe essere qualche donna geniale nella vita di Sherlock Holmes. L'unica donna per cui abbia tempo." Ma era un po' in ombra. Allora pensai a Mina Harker. La ritroviamo cambiata dall'avventura con Dracula, ha divorziato da Jonathan ed è diventata una suffragetta. Ed inoltre indossa quella sciarpa...

Nella prima serie della LdSG ci sono alcune allusioni alla possibilità che lei sia un vampiro.
No, no, le cose stanno cosi. Lei e Quatermain si stanno chiaramente innamorando. Io voglio mostrare questa scena in cui lei per la prima volta si toglie la sciarpa. E non ha piccoli, netti segni di puntura. Sono come il morso di un vero pipistrello vampiro. I denti sono lame seghettate, non lame di rasoio. Segano... e sfregiano [A.M. simula con un gesto]. E' come se impugnassi due lame dritte. Loro aprono delle vaste ferite da cui possono cibarsi. Ed io o pensato che quando Mina si toglie la sciarpa, l'intera gola è di tessuto cicatrizzato. E' orribile. E lei si vergogna. E lei dice, all'incirca "non proprio le due piccole punture della mitologia popolare". Credo possa essere una scena molto potente. Ed erotica, in un modo particolare. Lei ha vissuto tutto questo, ecco perché ha lasciato Jonathan [Harker]. Perché Jonathan è cosi insipido, e voglio che lei dica, quando scopriremo perché è cosi traumatizzata: "A causa di ciò che quel demonio ti ha fatto?" [dirà Quatermain] e lei risponde "no, l'ho amato, e li ho aiutati ad ucciderlo". E questo è tutto ciò che lei dice a riguardo. 

Vedi LdSG come una serie che prevede un seguito?
Si, la seconda serie è tutto "Mars Attack". Il primo numero Kevin [O'Neill] l'ha già finito.
Tutto avviene su Marte. L'intero primo numero si svolge su Marte. Inizia con una inquadratura ravvicinata di un tappeto, e poi ci si muove indietro. Quindi ti accorgi che c'è qualcuno in piedi sul tappeto. Poi capisci che il tappeto non si trova sul pavimento, ma è sospeso in aria. Quindi realizzi che sta svolazzando sopra un canyon, dove vi sono bufere di sabbia. E c'è questa figura sopra un tappeto volante che percorre un canyon con due lune [sullo sfondo]. Questo è Gulliver Jones, guerriero di Marte, che nelle storie originali è arrivato sul pianeta con un tappeto volante. E quindi lo vedi incontrare... beh, sarebbe John Carter, ma questo personaggio è ancora sotto copyright, quindi non useranno molto i loro rispettivi nomi.
Conosco parecchie storie marziane. Penso vedrete John Carter di Marte, vedrete Gulliver Jones, vedrete le storie marziane scritte da Michael Moorcock. Ne ho eliminato una ambientata su Marte dopo il 1898. Perché quella è ancora nel futuro. Vi ho inserito la razza di CS Lewis, i Thorns. Dovrebbero essersi trovati su Marte in quel momento, se li si considera reali. Quindi ho [usato] CS Lewis, Wells, Gulliver Jones e Michael Moorcock.

Marte è proprio la Parigi di quel periodo. Chiunque fosse "qualcuno" si trova lì.
Giusto. Ho ipotizzato che tutte queste razze possano essere esistite. I marziani di H. G. Wells, quelli non sono di Marte. Sono originari di qualche altra galassia. E tentarono di conquistare Marte ma furono respinti dall'unione dei gruppi della resistenza marziana. E fu allora che vennero sulla Terra. E' spiegato nella sezione finale, dove ci sono le storie di solo testo. Io non volevo fare un'altra storia "pulp" di solo testo. L'idea mi ha stancato. Quel che ho deciso è che, nell'intera parte finale del fascicolo, almeno nel primo numero, si spiega il mondo, continente per continente, e diciamo estensivamente, attraverso gli "archivi" di questa porzione dei servizi segreti britannici che è la Lega dei Straordinari Gentiluomini. Risale sino al XVII secolo. Quando parla del XVII secolo, c'è (cita) un gruppo di agenti conosciuti solo come "gli uomini di Prospero". Erano condotti da questo Duca di Omnium, che apparentemente era uno stregone benevolo, e tra le persone del gruppo è presente Christian da "A Pilgrim's Progress" ["il Pellegrinaggio del Cristiano" o "Il viaggio del pellegrino" (1678), di John Bunyam]. Abbiamo raccolto testi dalle annotazioni di tutte queste persone, da tutti i loro rapporti sui posti ove sono stati. Abbiamo compilato un almanacco, il mondo fittizio, quello che non esiste, ed è piuttosto esaustivo. E' una Inghilterra dove esiste una Vacaville Hall, ci sono numerose rovine del periodo di re Artù, che era un periodo storico reale. E ho scritto questa descrizione piuttosto commovente dello stato di degrado della tomba di Sir Lancillotto. Poi attraversiamo la Francia e l'Europa. E l'America, l'Africa, l'Asia. E le regioni polari. E sto cercando di trovare in tutti questi libri di riferimento ulteriori regioni immaginarie, cercando di decidere dove si trovano alcune di loro. Voglio inserire anche un riferimento a Conan.

Sembra che tu ti sia divertito parecchio con questo lavoro.
 
Da matti, sì.

A che punto sei arrivato con le sceneggiature?
Sto scrivendo molte testate, e quindi non sono molto avanti con nessuna. Sto lavorando al secondo episodio. Ho appena finito il primo numero ... siamo entrambi circa al metà del secondo. [Il disegnatore] Kevin [O'Neill] si è preso una meritata vacanza al momento, e probabilmente appena sarà tornato gli darò delle altre pagine.

Parlaci della ideazione di "Top Ten" [una storia stile NYPD, nota serie televisiva crudamente realistica, riguardante una stazione di poliziotti supereroi in un mondo ove chiunque possiede poteri sovrannaturali].
Ricordo quando ero ragazzino, nei primi anni '60. E Batman aveva un computer. Inseriva informazioni e riceveva delle schede perforate. Mr. Fantastic, "l'Agente dell'Uncle" [serie televisiva di spionaggio], tutti questi supereroi avevano dei computer. Facevano parte delle loro supercapacità. Adesso chiunque ha un computer. E presto tutti voleremo, se dobbiamo credere alle previsioni. In confronto alle condizioni del 1960, ora siamo tutti dei supereroi, e tuttora non possiamo risolvere i nostri problemi. Abbiamo ancora delle catastrofi, anche se possiamo generare più energia di calcolo di quanta persino Isaac Asimov abbia mai immaginato. Questo è il fascino di Top 10. E' una fantastica città piena di gente incredibile, con l'atmosfera di una moderna metropoli. Ero un appassionato di "Homicide" [altra serie televisiva poliziesca, N.d.T.] e di NYPD. E ragionavo riguardo ai [fumetti sui] gruppi di supereroi, sul perché non funzionano. Mentre Steven Bocho [l'autore di NYPD, N.d.T.] sembra capace di gestire molto bene gruppi numerosi di personaggi. E così ci ragionavo sopra. Perché non funzionano i gruppi? "Hill Street" [altra serie tv poliziesca, sempre di Bocho, N.d.T.] funziona. Come sarebbe se potessi avere una serie su dei poliziotti supereroi? - a quel punto si accese la lampadina. Potrebbe essere davvero divertente e potresti parlare di roba di cui non puoi parlare negli albi di supereroi. Come i pregiudizi sui robot. Joe Pi [un robot poliziotto] - sono molto contento di lui. E divertente giocare sulle tipologie. Nella serie successiva, se ci sarà, si sposteranno a Tin Town. Tutti i robot hanno delle ruote dentate attorno al collo. E c'è Malcolm Ten, un robot che ha le proprie idee su come vengono trattate le macchine, e che dice a Joe Pie: "Non stai tradendo i tuoi fratelli?".

Quali sono gli ostacoli alla produzione ulteriore di Top Ten?
Ecco, la Wildstorm di Jim Lee è stata comprata dalla DC. E' sempre precaria. Io non lavoro con le briglie, ovviamente io sono un articolo di valore nel mondo del fumetto. Se inizio a sentirmi schiacciato, io mi sollevo sputando sangue nero e con serpenti che mi escono dalla bocca. Io sono potenzialmente esplosivo. Non mi fido di loro. In qualunque momento qualcosa può accadere e ferirmi abbastanza da farmi mollare tutto. Io non voglio farlo all'infinito. Ma altri 12 numeri di Top 10? Non puoi impedire ai pensieri ed alle idee di formarsi. Voglio trovare un modo di farli uscire dalla mia testa.

E riguardo all'altro tuo fumetto supereroistico, Tom Strong?
Volevo fare qualcosa di delicato. E' una scrittura rilassata. Qualcosa riguardante la semplicità, che sembra essere ciò che la gente gradisce. Sorprendentemente continuo a ricevere lettere che chiedono di inserire un matrimonio interrazziale. Non ci sono molte coppie miste nel fumetto. Sin dal 1939, tranne negli X-Men, ma li c'era dell'ambiguità, non si è mai verificato. Che vergogna. Quanto è arretrato questo mezzo espressivo.

Quindi l'altro titolo che sembra essere molto vicino al tuo cuore è Promethea [che esplora il fascino che su Moore stesso ha la magia ed il territorio dove le idee ed i miti prendono forma].
Sì, è una declamazione magica finemente celata che è finita con l'assomigliare un po' ad un albo a fumetti. Mi diverte davvero molto.
1963 N. 1.
Perché sei tornato ai supereroi?
Sono stato lontano dal fumetto delle maggiori case editrici per un po' di tempo. Senza aver idea di come fossero i lettori. E le persone alla Image Comics erano molto entusiaste che io lavorassi per loro. E poiché avevo già detto che non avrei lavorato per la DC e la Marvel... Ci sono delle persone molto in gamba, come Jim Valentino [Shadowlink Inc.], Jim Lee [ImageComics]... Sostanzialmente quel che dissero [fu]: "Vorresti fare qualche fumetto per noi?". Io dissi sì, giusto per vedere se ne ero capace. Detti uno sguardo ad alcuni di quei fumetti. Pensai "non c'è una storia. Non c'è un personaggio. Sono stato lontano per cinque anni, ed i fumetti si sono mutati in qualche bizzarro ibrido mutante supersteroideo con cui non ho alcuna familiarità". E sembra che tutti i disegnatori richiedano sempre grandi vignette a piena pagina ogni due o tre pagine così da poter esibire la loro abilità. Ecco... quindi trascorsi un lungo periodo cercando di tirare fuori quello che i lettori volevano, quello che quel nuovo pubblico voleva, ciò che gli sarebbe piaciuto. Il che era totalmente stupido. Voglio dire, in qualche modo devo aver riversato la mia arroganza nel luogo sbagliato. Perché in effetti il mio lavoro non è capire quel che loro vogliono. Il mio lavoro è dir loro cosa vogliono. E quando me ne sono ricordato, l'ho percepito capisci, ho creato 1963, con cui mi sono divertito molto. Ma non era molto serio, rivoluzionario. Poi mi sono spostato sul materiale di Supreme. Era divertente.

Io ho sempre definito la magia come una arte oscura, che manipola la realtà. E tu hai introdotto il concetto della magia come una sorta di un regno delle idee, dove le idee sono vive e gli dei sono reali.
Nella magia c'è una parte oscura, ma c'è molta più radiazione, più luce. E riguarda semplicemente il mondo delle idee.

Cosa ha acceso il tuo interesse nella magia?
Quel che mi ha fatto interessare alla magia è stato una vignetta da From Hell in cui William Gull stava dicendo qualcosa riguardante il fatto che la mente umana è un luogo dove tutti gli dei ed i mostri della mitologia umana sono indiscutibilmente reali, in tutta la loro epicità e mostruosità. E dopo averlo scritto ho pensato "oh merda, è vero. In base a questo ora dovrò rielaborare la mia intera esistenza". Non c'è modo di smentirlo. Ho pensato di stare scrivendo uno stupendo dialogo per un cattivo della letteratura gotica. Gli dei ed i mostri esistono senza ombra di dubbio e sono reali. Perché se non esistono, come mai tante persone sono morte per loro, e tante cose che hanno cambiato la storia sono state fatte in nome di questi dei che non esistono? Se non esistono come hanno ucciso così tanti di noi in loro nome? In quel momento stavo per compiere 40 anni. Ho pensato, "beh, potrei avere una crisi di mezza età, ed annoierei a morte tutti continuando a pensarci, a cosa è dovuto, cosa significa? Oppure potrei andare fuori di testa in modo spettacolare, il che almeno sarebbe molto più divertente per chi mi sta attorno. E più preoccupante. E mi andava bene. Perché stavo terminando i modi di far preoccupare le persone. Avresti dovuto vedere le loro facce quando dissi "diventerò un mago". Metà di loro erano spaventati, pensavano fossi impazzito, e l'altra metà era spaventata pensando che non lo fossi.
Mi sembra che in prevalenza la scienza non accetti che ci sia qualcosa che effettivamente succede nelle nostre menti e voglia basare tutto su elaborate prove di laboratorio. Ma la mente è l'unica cosa di cui abbiamo una esperienza diretta. Non percepiamo il mondo in via diretta. Percepiamo le nostre percezioni. Elaboriamo questi puzzle fatti di luce sulla nostra retina, di onde sonore nei nostri timpani, le superfici sui nostri polpastrelli. Ed istante dopo istante componiamo tutto questo su un grande schermo che è la realtà. Questo è ciò che vediamo. Se abbiamo un difetto in uno qualunque dei nostri sistemi percettivi ciò diventerà parte della nostra realtà. Penso che la magia fosse un tentativo di capire se il mio rapporto con la realtà potesse evolvere verso territori differenti.